Mentre dal Cairo Ursula von Der Leyen, Giorgia Meloni e il premier greco Kyriakos Mitsotakis si limitano a ripetere che a Gaza serve un cessate il fuoco, il cancelliere tedesco Olaf Scholz va da solo a Gerusalemme. E, in conferenza stampa, dice in faccia al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che “non possiamo restare a guardare i palestinesi morire di famee che le vittime civili dal 7 ottobre “sono cresciute a livelli estremamente elevati, molti direbbero troppo elevati”. Per cui occorre far tacere le armi per un periodo sufficientemente lungo raggiungendo un accordo sugli ostaggi. In futuro, poi, la “sicurezza delle prossime generazioni di israeliani” potrà essere assicurata solo negoziando “una soluzione a due Stati“.

Bibi replica con il solito refrain: “Stiamo facendo sforzi per aumentare gli aiuti, ma il problema principale è la loro distribuzione. Dal momento in cui gli aiuti sono entrati a Gaza, sono stati rubati da Hamas. La responsabilità della distruzione e delle vittime civili è di Hamas e non ci sarà futuro per Gaza, per la pace o per Israele se Hamas resta al suo posto”. Ma, sostiene, “la preoccupazione per la protezione dei cittadini e l’introduzione degli aiuti umanitari è anche la nostra preoccupazione”. Sabato una nave della Open Arms partita da Cipro ha scaricato a Gaza le prime 200.000 tonnellate di aiuti raccolte dalla ong americana World Central Kitchen. Sono state sbarcare su un molo provvisorio vicino a Gaza City.

Il leader del partito conservatore ha intanto confermato che l’operazione a Rafah non partirà “prima che sia sgomberata la popolazione civile a Gaza”. Poco prima, durante una riunione di governo, aveva detto che “i piani operativi per l’azione, compreso l’avanzamento dei passi per evacuare la popolazione civile dalle zone di combattimento” sono stati approvati. “Questa è una fase essenziale prima dell’azione militare”. Poi l’autodifesa: nella comunità internazionale “ci sono coloro che stanno cercando di fermare la guerra lanciando false accuse contro l’IDF, il governo israeliano e il primo ministro israeliano. Lo fanno spingendo per indire elezioni adesso, nel pieno della guerra. Lo fanno perché sanno che le elezioni fermeranno la guerra e paralizzeranno il Paese per almeno sei mesi”. La continuazione del conflitto gli garantisce al contrario di rimanere in sella nonostante il forte calo dei consensi.

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