Joe Biden inizia a valutare provvedimenti su Israele nel caso in cui Tel Aviv decida di varcare la “linea rossa” dell’operazione su larga scala a Rafah. Così, secondo quanto riferito a Politico da quattro dirigenti americani a conoscenza degli orientamenti interni dell’amministrazione, il presidente Usa prenderà in considerazione la possibilità di limitare gli aiuti militari a Israele se procederà con un’invasione della città all’estremo sud della Striscia. Eventualità che non sembra però spaventare Benjamin Netanyahu che ha ribadito ai delegati dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee, una lobby filo-israeliana) riuniti a Washington che “apprezza profondamente il sostegno ricevuto dal presidente Biden e dall’amministrazione e spero che continui. Israele vincerà questa guerra, qualunque cosa accada porterà a termine il lavoro a Rafah“. Netanyahu, secondo quanto riporta Times of Israel, è stato ancora più netto: “Non si può dire di sostenere l’obiettivo di Israele di distruggere Hamas e poi opporsi a Israele quando intraprende le azioni necessarie per tale obiettivo”.

Anche il Consiglio europeo, da quanto si legge in una prima bozza del vertice previsto per il 21 e 22 marzo, “esorta il governo israeliano ad astenersi da un’operazione di terra a Rafah, dove oltre 1 milione di palestinesi sta attualmente cercando sicurezza dai combattimenti e accesso all’assistenza umanitaria”. E se il Ramadan poteva diventare l’occasione per una tregua prolungata a Gaza. Invece rischia di trasformarsi nel pretesto per far esplodere tensioni e violenze anche in Cisgiordania. Tel Aviv ha deciso, nonostante il parere contrario dei suoi alleati, di vietare le preghiere del venerdì nella Spianata delle Moschee (il Monte del Tempio per gli ebrei) di Gerusalemme agli uomini con età inferiore ai 55 anni, alle donne sotto i 50 e ai minori con più di 10 anni. Questioni di sicurezza, dicono, anche se questa limitazione alla libertà di culto rischia di provocare, come chiesto nelle settimane scorse da Hamas, le proteste dei fedeli palestinesi nella città Santa. La decisione di Israele ha provocato le immediate proteste della Giordania, custode dei luoghi sacri musulmani di Gerusalemme, con il ministro degli Esteri Ayman Safadi che parla di possibile “esplosione” della situazione a causa delle restrizioni. Israele “gioca con il fuoco“, ha aggiunto. Il governo Netanyahu teme, dicono le forze di sicurezza, che in concomitanza con la guerra a Gaza Hamas cerchi di destabilizzare la situazione nella Spianata delle Moschee e, di riflesso, anche in Cisgiordania.

A Gaza rischia invece di esplodere un caso simile alla cosiddetta “strage del pane“: Hamas ha denunciato che nove palestinesi sono stati uccisi e decine feriti dagli spari israeliani mentre la folla aspettava i camion degli aiuti in piazza Kuwait a Gaza City. “Bombardare assembramenti di persone affamate è diventata una routine quotidiana praticata dall’occupazione e vista dalla comunità internazionale sugli schermi”, ha detto Ashraf Al-Qidra.

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