C’è stato un momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia in cui è stato molto vicino l’uso di un’arma nucleare da parte di Mosca. La più grande crisi dai tempi di Cuba è avvenuta nell’ottobre del 2022 e ora emergono numerosi dettagli grazie a una ricostruzione di David E. Sanger, storico giornalista del New York Times, che le ha raccolte nel libro “New cold wars” insieme a Mary K. Brooks. In un lungo estratto pubblicato proprio dal NYT, i due hanno ripercorso i giorni in cui la Casa Bianca ha temuto seriamente che Vladimir Putin fosse pronto a sganciare una bomba tattica nucleare sull’Ucraina aprendo a uno scenario da “Armaggedon”, come viene definito un aperto scontro atomico tra le due superpotenze mondiali.

La data da cerchiare in rosso è il 6 ottobre 2022. Quella sera Biden è ospite di James Murdoch, rampollo del magnate Rupert, in un lussuoso appartamento dell’Upper East Side. Attorno a lui ci sono facoltosi lib-dem che hanno sborsato migliaia di dollari per ascoltarlo. Il presidente è invece assai preoccupato e parla apertamente di come per la “prima volta dalla crisi missilistica cubana” gli Usa avessero contezza di “una minaccia diretta dell’uso di un’arma nucleare se in effetti le cose continuano lungo il percorso che hanno” preso in Ucraina. Biden non raccontò agli ospiti di Murdoch quale fosse la fonte di ciò che stava raccontando, ma – lo svelano Sanger e Brooks – erano notizie raccolte dall’intelligence che parlavano di un attacco nucleare nelle “successive settimane”.

Gli 007 statunitensi avevano in mano intercettazioni in cui all’interno dell’esercito russo si parlava di “frequente” della possibilità di utilizzare l’arsenale nucleare. A discuterne erano anche le unità responsabili dello spostamento e dello schieramento delle bombe. “La più allarmante delle intercettazioni ha rivelato che uno dei comandanti militari russi più anziani stava discutendo esplicitamente la logistica della detonazione di un’arma sul campo di battaglia”, si legge nell’estratto del libro pubblicato dal New York Times. Secondo la Cia, uno dei punti di rottura avrebbe potuto essere una controffensiva ucraina efficace o comunque potenzialmente idonea a riconquistare la Crimea.

L’uso di un’arma tattica nucleare in Ucraina, aveva avvisato Biden in casa Murdoch, avrebbe spinto il mondo verso “l’Armaggedon” e il presidente si era dimostrato abbastanza certo che Putin non esagerasse quando parlava della possibilità di dare il via libera all’uso. “Abbiamo un ragazzo che conosco abbastanza bene”, disse del presidente russo specificando che “non scherza quando parla del potenziale uso di armi nucleari tattiche o di armi biologiche o chimiche” visto che il suo esercito era “sottoperformante”.

Nei giorni successivi, si legge ancora sul New York Times, Biden dispiegò tutta la diplomazia possibile per dissuadere Putin dall’idea. Da un lato vennero fatte pressioni sulla Cina affinché Xi Jinping premesse anche privatamente sul Cremlino e dall’altro mandò “un messaggio a Putin invitandolo a organizzare un incontro urgente tra emissari”. Un faccia a faccia che avvenne. Per la Russia partecipò Sergei Naryshkin, capo del servizio di intelligence straniero russo, mentre la Casa Bianca scelse William J. Burns, il direttore della Cia ed ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia. “Gli dissi chiaramente che, se la Russia avesse usato armi non convenzionali, ci sarebbero state serie conseguenze da parte nostra”, racconta lo stesso Burns nel libro. La risposta di Naryshkin? “Mi giurò di avere capito e assicurò che Putin non intendeva usare armi nucleari”.

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