Non resta neppure la corruzione. Né si può più fare affidamento sul mercato nero. L’allarme sarebbe paradossale se non riguardasse quel mondo a parte che è la Corea del Nord. Dove il regime ha stretto le maglie sui piccoli commerci informali che attraversavano il confine settentrionale con la Cina e che, per molti abitanti di quell’area, rappresentano la differenza fra la sopravvivenza e la fame. Lo riporta Human Rights Watch, l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani nel suo nuovo report sul Paese guidato dal regime totalitario di Kim Jong-un.

Fra il 2018 e il 2023 le condizioni di vita della popolazione sono ulteriormente peggiorate per il crescente isolamento del Paese, dovuto alle sanzioni dell’Onu, poi alla pandemia del Covid-19 e ora alla stretta del regime. Tutto questo “ha impattato duramente sulla sicurezza alimentare e sulla disponibilità di prodotti necessari ai nordcoreani per sopravvivere, che prima entravano grazie ai commerci ufficiali o informali con la Cina”.

Le sanzioni Onu, inasprite via via sull’onda degli esperimenti nucleari condotti da Pyongyang, hanno avuto “effetti indesiderati”, scrive Hrw: limitando la maggior parte delle esportazioni e alcune importazioni, “mettono a rischio la possibilità delle persone di sopravvivere, di avere accesso a cibo e beni essenziali”. Tanto che l’organizzazione internazionale chiede “urgentemente” al Consiglio di sicurezza dell’Onu di “rivedere le sanzioni contro la Corea del Nord” per valutare il loro impatto sulla popolazione.

Il contrabbando, oliato da piccole tangenti alle guardie di frontiera, fin dagli anni Novanta era stato tollerato dalle autorità, ed era fonte di sopravvivenza per molte famiglie, che così potevano rimediare almeno un po’ di riso o di farina. Ma ora il governo ha rafforzato i controlli, anche per limitare i contatti dei nordcoreani con il mondo esterno, rafforzare il controllo ideologico e prevenire eventuali ribellioni. Secondo una testimonianza sul campo raccolta da Human Rights Watch, oggi chi allunga una mazzetta rischia l’esecuzione, e per il militare che l’accetta c’è il campo di rieducazione.

Le immagini satellitari allegate al rapporto restituiscono uno scenario distopico. Dal confronto con immagini simili del passato, si vede che nell’area di confine con la Cina, il regime ha costruito almeno 500 chilometri di nuovi sbarramenti. In alcune zone ben tre barriere si susseguono l’una all’altra, e nella maggior parte del territorio ne sono state erette due consecutive. Le strutture di servizio, come torrette e garritte, sono aumentate di 20 volte dal 2019: oggi se ne contano 6.820, una ogni 110 metri. “Espatriare è impossibile, sia per fuggire che per commerciare”.

Così i prezzi di quel poco che si trova si sono impennati, racconta ancora il testimone intervistato: “Chi era abituato a mangiare riso raffinato, ora mangia riso e mais. Chi già mangiava riso e mais, ora mangia solo mais. E così aumenta anche il prezzo del mais…”.

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