L’economia in recessione e il partito a picco nei consensi mentre il Paese è ad un passo dalle elezioni. Una situazione esasperante per il Ministro delle Finanze britannico Jeremy Hunt con la sua fatidica finanziaria di primavera che alla fine lascia i britannici sospesi tra la padella di tagli ai contributi fiscali (ma non alle tasse), e la brace di misure che stentano a calmare i venti dell’inflazione. In quello che è stato il discorso di presentazione dell’ultima finanziaria Tory prima delle elezioni, Hunt si è giocato il tutto per tutto, cercando di infarcire le promesse economiche al suo popolo con numeri ad effetto: la crescita economica che, dopo la stagnazione e recessione degli ultimi mesi, quest’anno arriverà allo 0,8%, e la correzione sull’aumento del debito pubblico che invece di salire al 100% si limiterà al 94,3% nel 2028-2029. Dati che però non hanno però distratto l’opposizione di Keir Starmer. Così, mentre Hunt snocciolava piani per investire sulla produttività, aumentare i posti di lavoro senza ricorrere all’immigrazione e rendere i servizi pubblici più efficienti – ad esempio digitalizzando la sanità pubblica – Starmer gridava al caos e al declino effettivo del Paese e chiedeva elezioni anticipate per il 2 di maggio.

Contentino per gli elettori contesi?
Da aprile il governo taglierà di un altro 2% il cosiddetto National Insurance, il contributo versato dai 27 milioni di impiegati e 2 milioni di freelance britannici che sommati ai tagli già presentati lo scorso autunno consentiranno loro di tenersi in tasca rispettivamente £900 e £650 all’anno. Una mossa che a ottobre non aveva avuto prodotto però il risultato sperato – ovvero non ha trainato alcuna rimonta dei Tory nei sondaggi – ma che è pensata ora per spingere “200mila inattivi a lavorare contribuendo ad un incremento dello 0,4% del Pil”, sostiene Hunt. Ma non tutti la reputano una misura vantaggiosa. Di fatto, mette in guardia Keir Starmer, i lavoratori potrebbero a farne le spese trovandosi poi a pagare una nuova ‘tassa invisibile’ camuffata da incremento delle imposte comunali, e sono comunque svantaggiati dal congelamento delle fasce fiscali di reddito.

Vantaggi in vista, invece, per quelli che il cancelliere chiama i great British pubs, i 38mila pub di tutto il regno sgravati dal 3% di aumento della tassa sugli alcolici che Hunt ha rimandato al febbraio 2025, quando ormai a risolvere i problemi dovranno, con ogni probabilità, trovarsi i laburisti. Per finanziare questi tagli da 13 miliardi di sterline, il Tesoro britannico colpisce i fumatori con una nuova accisa sulle sigarette elettroniche e sul fumo a partire da ottobre 2026. Un’altra trappola per i laburisti che, se al governo, si troveranno anche a dover affrontare l’aumento della tassa sul carburante che i tory hanno congelato per altri 12 mesi.

Il ‘non dom’ della discordia
Nel ‘Budget Day’ tra i due lati della House of Commons le sonore prese in giro tra conservatori e laburisti superano il limite e la vice presidente della camera è costretta a rimproverare i parlamentari: “Urlate più piano”. Il cancelliere Hunt continua ad attaccare l’opposizione: “Voi che non avete programmi, ascoltate i nostri”. Di fatto però è proprio la misura che i laburisti stanno proponendo a gran voce da anni a diventare una delle pietre centrali del Budget di primavera, ovvero l’abolizione del famigerato status fiscale di ‘Non Dom’ di eredità coloniale. Si tratta di uno status di cui godono i milionari che sono residenti in Gran Bretagna da 14 anni ma mantengono il domicilio in un’altra nazione e sono dunque esentati dal pagare le tasse su capitali che generano all’estero. Un esempio su tutti: Akshata Murty, moglie miliardaria del premier Rishi Sunak e figlia del fondatore della multinazionale indiana Infosys (di cui è azionista) beccata a godere dello status di ‘non dom’ (non domiciliata in Inghilterra) per non pagare tasse sui capitali prodotti all’estero. Il nuovo regime sulla tassa prevede ora che chi entra in Regno Unito possa restare esente da tassazione sui capitali prodotti all’estero solo per i primi quattro anni, dopo di che sarà assoggettato allo stesso regime fiscale dei residenti.

“Avere ricchi stranieri che spendono in Regno Unito è meglio che abolire lo status di Non Dom” era la filosofia di Hunt solo due anni fa. Affossato dalla recessione e da una battaglia più dura del previsto contro l’inflazione, il cancelliere ha dovuto fare una brusca retromarcia calcolando disperatamente tutto ciò che può rimpolpare le casse del Tesoro, inclusi i 2,7 miliardi di sterline all’anno che ora possono essere iniettati dai non domiciliati. La BBC lo definisce un furto politico, mentre lui, il leader laburista Keir Starmer, già dato per futuro inquilino di Downing Street va giù ancora più duro: “Questa non è che la dimostrazione che il governo ha fallito e non ha più idee. E’ completamente incapace di generare crescita economica per le famiglie. Il suo credit rating è zero, ora è tempo di un nuovo governo”.

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