di Marco Pozzi

In una scuola media di Cremona, nell’anno 2001, c’è un problema: in alcune classi ci sono ragazzi con disabilità, i quali, nell’ora di educazione fisica, quando giocano con i compagni, ne suscitano le proteste perché rallentano le azioni. Dunque: escluderli per far divertire gli altri, oppure includerli creando negli altri insoddisfazione? Il papà di una ragazza con disabilità e il professore di educazione fisica scommettono di trovare una soluzione per includere in uno sport ragazzi con ogni tipo di abilità e disabilità; e cominciano a lavorarci, insieme a un gruppetto di studenti, con l’obiettivo d’inventare un gioco nuovo.

Fra i vari sport da cui partire si sceglie fin da subito il basket. Il canestro infatti attrae i ragazzi, che non appena vedono un cesto cercano spontaneamente di gettarci dentro qualcosa, che sia carta appallottolata o un pallone.

Gettare la palla dentro un cesto è un obiettivo semplice e chiaro, coinvolgente per tutti, dai bambini agli adulti. Inoltre, per come l’aveva pensato nel dicembre del 1891 il fondatore, l’insegnante di educazione fisica nella scuola privata cristiana Ymca di Springfield (Massachusetts) James Naismith, nel basket i giocatori devono guardare verso l’alto per mirare al canestro appeso a un muro; simbolicamente, si spingono oltre la propria statura. E quindi, per ragazzi che ogni giorno devono preoccuparsi della sopravvivenza, fra mille difficoltà, mirare simbolicamente a un canestro in alto permette di elevarsi, di trovare uno stimolo adatto per andare oltre le proprie disabilità.

L’intenzione del professore e del genitore a Cremona non è inventare uno sport da zero, bensì, partendo dal basket, e modificandolo, approdare a qualcosa di nuovo. E così fanno, poco a poco, ascoltando le esigenze e i desideri di ognuno, sperimentando varie situazioni di gioco, selezionando gradualmente le innovazioni che si rivelano efficaci, combinando a tentoni vantaggi e svantaggi degli aggiustamenti successivi.

Innanzitutto notano che i ragazzi con disabilità non si avvicinano ai canestri regolari poiché non hanno abbastanza forza per lanciare la palla tanto in alto, oppure per paura del contatto fisico. Allora agganciano un canestro alla spalliera, più basso, affinché ci possa tirare anche chi non riesce a farlo nei canestri tradizionali; costruiscono poi dei canestri più piccoli, sotto quelli tradizionali, ma le difficoltà non si risolvono, anzi, sovrappongono in un unico punto del campo dinamiche troppo distinte: il gioco non funziona.

Provano a sistemare dei canestri da minibasket lateralmente, a metà del lato lungo del campo: questa prova apre da subito lo spazio nel campo. Apre un mondo. Intorno al canestro laterale costruiscono un’area protetta circolare, che è esclusiva di alcuni giocatori con particolari difficoltà: lì dentro possono stare senza paura e al tempo stesso hanno la possibilità di tirare a canestro partecipando ai punti della squadra. Si tratta di una zona franca, che è comunque sempre parte del campo, non esclusa dal gioco; il giocatore che ci staziona si chiama “pivot”, cioè il ruolo che nel basket di solito – anni fa, ora un po’ meno – è statico in mezzo all’area.

Coi canestri laterali, quindi, ogni squadra ha due canestri in cui attaccare e due canestri da difendere. E naturalmente intorno a questa novità si sono evolute le regole così che il gioco sia stimolante per tutti, per ragazzi con qualunque disabilità: cos’è permesso, cosa vietato, i limiti di spostamento, i tempi concessi, le infrazioni, la definizione dei ruoli, le righe sul campo, come interagiscono i giocatori, come si arbitra la competizione… insomma, provando e riprovando, aggiungendo regole e togliendole, ascoltando soprattutto i consigli dei ragazzi che ci giocano, si progetta un nuovo sport, secondo nuovi requisiti e obiettivi.

Il baskin – unione delle parole “basket” e “inclusivo” – è una grande opera sperimentale che, già durante la sua progettazione, ha coinvolto un gran numero di persone – atleti, appassionati, famiglie, curiosi – dentro una discussione evolutiva continua verso qualcosa che sotto i loro occhi stava prendendo forma. Il professore si chiama Fausto Cappellini. Il papà si chiama Antonio Bodini e il 20 marzo sarà dal Presidente Sergio Mattarella per essere nominato Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.

Si può ascoltare la storia del baskin nella puntata Portami con te, del 22.3.2016

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