Non ce la fa la Lazio, che perde col Bayern, saluta la Champions agli ottavi e fa vacillare il concetto di calcio italiano in ripresa, che sovente si fa strada in questo periodo. La squadra di Lotito partiva ovviamente da sfavorita, nonostante la vittoria di misura nell’andata a Roma, ma col favore, stavolta sì, del tifo di tutte le italiane in lotta per un piazzamento Champions: tifo utilitaristico ovviamente, visto che una vittoria biancoceleste avrebbe agevolato l’attribuzione di un ulteriore posto nella manifestazione per le squadre italiane, considerato il ranking. Ranking che vede l’Italia in vetta e l’automatica (e un tanto al chilo) traduzione dei coefficienti in una “bollinatura” del suo calcio, da ritenersi secondo tale sillogismo in ripresa dopo oltre un decennio di difficoltà e arretramento rispetto agli altri campionati europei. E quindi col Bayern non è solo una gara di cartello per i biancocelesti in una stagione difficile. Sorte peraltro comune anche ai suoi avversari.

E bastano pochi numeri per capire l’entità della partita: negli ultimi dieci anni il Bayern ha vinto dieci volte la Bundesliga, due volte la Champions superando gli ottavi nove volte su dieci. La Lazio negli ultimi dieci anni ha vinto due volte la Coppa Italia classificandosi due volte in Champions: oltre a questa edizione i biancocelesti erano arrivati agli ottavi tre anni fa, finendo travolti proprio dal Bayern. Cammini profondamente diversi e presente con varie similitudini per le due squadre: verosimilmente la squadra di Tuchel non vincerà la Bundes dopo un dominio ultradecennale e lo spogliatoio vive un clima di tensione palpabile per i risultati negativi. I biancocelesti sono noni in Serie A dopo il bel secondo posto dello scorso anno che lasciava immaginare una nuova stagione a contendere il vertice, visto anche che la storia insegna che gli automatismi di Sarri migliorano se gli si lascia tempo di guidare un gruppo. E invece, come per Tuchel d’altronde, l’ avventura del tecnico toscano sulla panchina biancazzurra pare al capolinea.

Poi il campo è altra cosa naturalmente e la Lazio ci crede: gioca spavalda senza tentazioni al risparmio italiche (che per la verità a livello europeo sembrano finalmente al tramonto) e nonostante l’enorme pericolosità di chi ha di fronte, tra cui quel Leroy Sané oggetto della discordia (tra i vari) del rapporto tra Sarri e Adl ai tempi di Napoli, spaventa anche il Bayern con Immobile che si divora quello che sarebbe stato il gol del vantaggio. Poi il Bayern la ribalta con Kane che corregge in porta un tiraccio di un compagno e con Muller che all’ultimo secondo del primo tempo fa lo stesso nonostante quello di De Ligt non possa essere definito tiraccio. Il gol della sicurezza il Bayern lo fa al 70esimo: l’ex sogno proibito di Sarri, Sané costringe alla respinta corta Provedel che si traduce nel tap in di Kane per il 3 a 0 che di fatto porta il Bayern ai quarti. E infatti il gol dell’inglese, pagato 100 milioni a 30 anni, chiude la gara.

Di fatto, per sgomberare il campo da equivoci, i demeriti della Lazio pesano per lo zero virgola nell’economia della gara e dell’eliminazione dalla Champions: semplicemente tra la squadra campione in carica tedesca e la squadra vicecampione d’Italia c’è una sproporzione di forze enorme. Va reso onore alla Lazio che ha fatto il massimo per mettere in discussione quella sproporzione. L’ha fatto all’andata, ci ha provato in Baviera per quel che ha potuto: il risultato è il 3 a 0 per Muller e compagni. Nell’altro ottavo perso contro il Bayern, in un confronto con le distanze ancor più accentuate tra le due squadra, il mister dell’epoca, Simone Inzaghi ammise: “Non siamo pronti per queste gare”. Finora un po’ un leitmotiv per le italiane, che sì, magari ora passano compatte i gironi e magari arrivano pure in finale, cosa che prima non accadeva, ma non sembrano ancora pronte per sconfiggere i giganti.

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