È stata impugnata la sentenza del Tribunale che il 2 ottobre 2023 stabilì una condanna di 4 anni e 2 mesi per Laura Comi e l’assoluzione dell’ex coordinatore lombardo di Fi Pietro Tatarella e l’ex consigliere regionale Fabio Altitonante. Si profila quindi un nuovo processo, in appello, per Tatarella, per l’ex patron di Tigros, Paolo Orrigoni, e per l’ex manager di Amsa, Mauro De Cillis, tra i 51 imputati assolti in primo grado a Milano nel caso Mensa dei Poveri in cui sono stati condannati in 11. Tra questi l’ex europarlamentare Comi, l’imprenditore Daniele D’Alfonso condannato a 6 anni e mezzo e l’ex dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale a 2 anni. Pure loro attendono di ritornare in aula.

A chiedere un verdetto in secondo grado non solo ci sono le persone condannate ma anche la Procura di Milano. Il pm Silvia Bonardi ha infatti presentato ricorso, nei confronti di Tatarella, De Cillis e Orrigoni e anche per alcuni reati per D’Alfonso, ritenendo debba essere annullata la sentenza assolutoria. In merito all’esponente azzurro “ci si permette di dissentire nel modo più fermo possibile” con la ricostruzione del Tribunale secondo la quale “una serie di utilità di carattere economico” provenienti dalla Ecol Service di D’Alfonso – pagamento di fatture per consulenze, spese elettorali, biglietti aerei, utilizzo di auto e carte di credito – non avevano “carattere corruttivo” e, quindi, ha escluso la “messa a disposizione” del politico E questo perché “non ha considerato alcune importanti acquisizioni documentale” con sostanziale sopravvalutazione delle prove offerte dalla difesa”. Pertanto, nell’atto, si affrontano, smontandoli, tutti gli elementi a discarico di Tatarella, il quale, per altro, si sostiene, avrebbe conosciuto la “rete di connivenza in Amsa su cui D’Alfonso poteva contare”.

Riguardo all’allora dirigente De Cillis l’impugnazione del pm Bonardi riguarda una presunta turbativa d’asta per l’affidamento alla Ecol Service del servizio di pronto intervento per analisi, rimozione, trasporto e smaltimento o recupero dei rifiuti a Milano e nell’hinterland. A questo proposito il pm Bonardi ritenendo la sussistenza dell’ipotizzato “accordo collusivo” ha sottolineato come le conclusioni dei giudici di primo grado “paiono essere frutto di una visione parcellizzata del materiale probatorio emerso nel corso del dibattimento, unita a una inspiegabile svalutazione di alcuni elementi o, meglio, di una loro spiegazione in termini (…) ci si permette sommessamente di osservare, anche alquanto semplicistici”. E a tal proposito cita documenti a cui a suo dire è stata data “scarsissima rilevanza“, a cui si aggiungono testimonianze, dialoghi intercettati e altri elementi probatori. E inoltre, annota, “De Cillis, solo apparentemente ha un ruolo sfuggente, ma oltre al quadro probatorio e logico apprezzabile, fortissimi elementi sono di prova a suo carico”.

D’Alfonso si sostiene sia responsabile anche della corruzione di Sergio Salerno (che ha patteggiato) ai tempi dipendente e sindacalista di Amsa e ritenuto braccio destro di De Cillis, a cui l’imprenditore avrebbe promesso 20mila euro ogni anno e per una durata triennale dal 2018, in cambio di informazioni sulle gare. Infine, riguardo a Orrigoni, nell’atto si parla di “plurimi” elementi probatori che conducono a ritenerlo colpevole di traffico di influenze, reato contestato in seguito alla riqualificazione dell’accusa di corruzione legata al cambio di destinazione di un’area a Gallarate su cui edificare un supermercato. Oltre a quella della Procura ci sono le impugnazioni degli 11 condannati che chiedono un verdetto a loro favorevole e anche del Comune di Gallarate. Ora la Corte dovrà fissare la data del processo.

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