A partire dal 7 febbraio di quest’anno, 2024, sono avvenuti centinaia di piccoli terremoti in provincia di Parma, e lo sciame sismico sembra continuare. Il terremoto più forte della sequenza è avvenuto il 9/2/2024 alle ore 13:06, con magnitudo 4.2 ed epicentro nei pressi di Calestano. Le profondità ipocentrali sono abbastanze alte per i terremoti appenninici: in media tra 10 e 20 km, con alcuni eventi anche più profondi.

La zona di Parma e Piacenza, nell’Appennino settentrionale, è particolare perché qui è localizzato il polo di rotazione della placca adriatica, che ruota in senso antiorario. Per tale motivo, i terremoti appenninici a Sud di questa zona sono cosiddetti ‘di faglia normale’, corrispondente ad un regime di sforzi tensionale perché qui la sutura appenninica tende ad aprirsi; a Nord invece i terremoti avvengono in regime di sforzo compressivo, perché il bordo della placca adriatica spinge contro il lato tirrenico. La rotazione causa anche un regime compressivo nell’arco alpino; dall’altro lato dell’Adriatico, la rotazione antioraria della placca adriatica causa compressione nelle Dinaridi.

I terremoti dell’attuale sciame sismico hanno meccanismi focali prevalenti detti di ‘faglia inversa’, ossia riflettono un regime di sforzi tipicamente compressivo. La sismicità storica di quest’area è ben nota, e comprende il terremoto del 1898, con intensità fino al 7°-8° grado Mercalli (MCS) e magnitudo stimata 5.4. Nel 1983 ci fu un terremoto di magnitudo 5.0, e nel 2008 un altro di magnitudo 5.4.

Si è discusso, in questi giorni, delle possibili correlazioni tra questi eventi e quelli di un’altra sequenza che sta avvenendo in questi giorni, in provincia di Perugia ed in particolare vicino Spoleto, con magnitudo massima, fin’ora, di 3.5. Correlazioni tra terremoti su faglie diverse sono molto probabili quando le faglie hanno distanze tra loro minori delle loro dimensioni (lunghezza di faglia). Queste avvengono perché gli sforzi che si scaricano dalla faglia che si rompe per prima si accumulano sulla faglia vicina, e se lo sforzo totale su quest’ultima è già prossimo a quello massimo sostenibile, la faglia si frattura generando altri terremoti.

D’altra parte, la rotazione della placca adriatica, che avviene in gran parte in maniera rigida, può in linea di principio causare terremoti correlati tra loro anche a distanze più grandi, e certamente la sismicità sul lato orientale della placca (Dinaridi ed Ellenidi) può stimolare sismicità sul lato occidentale (Appennini).

Oltre a queste correlazioni tra faglie vicine o comunque all’interno di una struttura geologica limitata, da molti decenni è noto che, statisticamente, i forti terremoti a scala mondiale mostrano un certo grado di correlazione tra loro, anche a grandissima distanza, che non è facilmente spiegabile con questi effetti abbastanza ovvi. Per spiegare tale correlazione, che avviene a scala dell’intero globo terrestre, due sono gli effetti ipotizzabili: la rotazione della terra intorno al suo asse oppure degli effetti completamente esterni alla Terra.

Recentemente, alcune pubblicazioni scientifiche hanno tentato di spiegare questa correlazione in base a piccole fluttuazioni della velocità di rotazione terrestre; misurare queste ipotetiche fluttuazioni di velocità sarebbe quindi estremamente interessante, ma questo si può fare, con la precisione richiesta, solo con giroscopi ottici. Alcuni laboratori stanno quindi sviluppando giroscopi in fibra ottica di altissima precisione, che potranno essere utilizzati per misurare minime fluttuazioni di velocità di rotazione terrestre. Per quanto riguarda l’ipotesi di una forza esterna, che potrebbe spiegare la correlazione tra terremoti a scala mondiale, una nostra pubblicazione del 2020 ha dimostrato che tale effetto esiste, ed è causato dalla densità di protoni emessi durante l’attività solare.

E’ stata infatti evidenziata un’altissima correlazione statistica tra la densità protonica emessa dal sole, rilevata dal satellite SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), ed il numero di terremoti nel mondo. In pratica, quando la densità protonica supera una certa soglia, entro circa 24 ore aumenta fortemente la probabilità di terremoti nel mondo; e questa correlazione è tanto più evidente quando si considerino terremoti con soglia di magnitudo maggiore.

L’ipotesi affascinante che l’attività solare possa in qualche modo influire sulla sismicità mondiale data almeno dal 1853, quando fu proposta dal grande astrofisico Wolf; ma, finora, non era mai stata sufficientemente provata, almeno statisticamente. L’ipotesi principale, che potrebbe spiegare tale correlazione, è legata al fatto che un’alta densità protonica nell’Eliosfera può caricare per induzione la Ionosfera, e quindi generare scariche elettriche che, all’interno delle grandi faglie tettoniche, generano l’oscillazione dei cristalli di quarzo (effetto piezoelettrico inverso), materiale molto abbondante nelle rocce terrestri.

L’oscillazione dei cristalli di quarzo sulla superficie delle faglie può destabilizzarle, causando la definitiva rottura di quelle che sono già prossime al livello di sforzo critico, a causa del carico tettonico. La cosa interessante è che queste grandi scariche elettriche, che molto spesso precedono i grandi terremoti, ci sono, sono note addirittura fin dai tempi di Plinio il Vecchio, e sono state finora difficilmente spiegabili: prendono il nome di ‘luci sismiche’. Questa ipotesi, quindi, oltre a spiegare la correlazione tra terremoti a scala terrestre, spiegherebbe anche fenomeni evidenti ma finora estremamente dibattuti come le ‘luci sismiche).

Come tutte le nuove ipotesi, le nuove scoperte, soltanto col tempo potrà essere definitivamente provata e compresa nei dettagli; intanto, l’articolo ha generato, e continua a generare, un forte interesse mediatico come testimoniato da un indice ‘Altmetric’ (che misura appunto il livello di attenzione in rete) oltre 1000 (le pubblicazioni in geofisica hanno molto raramente indici maggiori di 10), che continua ad aumentare a distanza di tre anni dalla pubblicazione. Che dire: la sismologia, e la geofisica in generale, sono scienze ancora giovani, che promettono di riservarci ancora sorprese sempre più affascinanti.