Firma anche tu la petizione di IoScelgo per chiedere la liberazione di Julian Assange

di Riccardo Bellardini

Pure l’Occidente libero ha il suo Navalny. Chi l’avrebbe mai detto? Eppure è così. Da una parte il male è sfacciato, dall’altra è mascherato. O meglio, da una parte è mascherato male, dall’altra proprio bene, tanto da riuscire a trarre in inganno con più facilità.

Siamo tutti sconvolti di fronte alla repressione del regime russo e alle purghe del crudele Zar Vladimir Putin. I suoi dissidenti cadono come birilli, uno dopo l’altro. Muoiono all’improvviso, nessuno sa come, nessuno sa perché. Nemmeno l’avversario più feroce, Aleksej Navalny, s’è salvato. Tempo fa l’aveva scampata, dopo un tentativo d’avvelenamento su un aereo, ma ora è caduto anche lui, in un ingorgo di mistero: non v’è traccia nemmeno del corpo. Sembra proprio il male assoluto la Russia putiniana, sì, sembra; ma in realtà, a guardar bene, non è. Eppure potremmo caderci, nell’equivoco. Perché questo sentiremo. Verremo travolti dall’ondata mediatica, rischiando di annegare. In pochi ci ricorderanno di Assange, il Navalny dell’Occidente libero, per una semplice ragione: questo è l’Occidente libero appunto, talmente l’abbiamo sentito dire che alla fine la cosa ci è entrata dentro. Noi siamo l’Eden in terra, un’oasi di giustizia impareggiabile. Così ce l’hanno raccontato, e a forza di sentirlo l’abbiamo imparato.

Eppure in quest’oasi di libertà c’è un uomo, Julian Assange, rinchiuso in un carcere britannico tristemente soprannominato la “Guantanamo inglese”: la prigione Belmarsh di sua Maestà Re Carlo III, che da quando ha ereditato il trono vede abbattersi sulla famiglia reale un’odissea di sfortuna: la sua malattia dichiarata, quella di Kate di cui nulla si sa, i dissidi tra William e Harry. Lui, il Re sensibile all’ambiente, che però sembra non spendersi molto per la libertà d’informazione e la dignità della detenzione, se lascia che ad Assange accada tutto questo, forse è troppo preso dalla confusione indotta dal momento infausto.

Dietro le sbarre di quella prigione di massima sicurezza albergano criminali dall’efferatezza sopraffina, tra i quali s’è ritrovato pure lo svedese, colpevole di aver messo in cattiva luce gli States, la più grande delle democrazie, che non può rischiare di perdere questo titolo supremo e immanente a causa di robetta di poco conto come il giornalismo indipendente. Dalle ultime parole della moglie Stella, riportate da alcune testate, il fondatore di Wikileaks incriminato per la diffusione di notizie top secret, relative a crimini di guerra che sarebbero stati compiuti dai militari americani nei conflitti in Iraq e Afghanistan, si troverebbe in condizioni fisiche e psichiche sempre più preoccupanti.

C’è veleno e veleno. Uno ti uccide all’istante, l’altro può ucciderti con gradualità, facendoti assaporare la mancanza dell’aria, di una vita normale, dei diritti che a qualsiasi uomo andrebbero riconosciuti. Quei diritti di cui sempre ci si vanta, qui, nel nostro paradiso. Julian Assange rischia di essere estradato negli Usa e di vedersi comminata una pena monstre di 175 anni di carcere. Il verdetto della Suprema Corte inglese che potrebbe dare il via libera in questa direzione è atteso fra qualche giorno. Stella ha paura che il suo compagno cada dentro un buco nero qualora si realizzasse il trasferimento in America.

L’ultimo appiglio si chiama Alice Jill Edwards, relatrice speciale Onu sulla tortura, che ha cercato di esortare la Corte a pronunciarsi diversamente, bloccando l’estradizione. Vedremo come andrà. Speriamo in un finale diverso rispetto a quello più probabile, che vede Assange recluso in un istituto penitenziario statunitense, con la sua vita sospesa che pian piano si perde nel dimenticatoio. Non una fine da martire come quella di Navalny, ma un piccolo inconveniente nel mezzo di una storia sempre giusta, fatta di libertà e di umanità. Eh sì, come siamo umani noi…

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