“È capitato pure a me nella vita di essere identificato, non è un fatto che comprime una qualche libertà personale”. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi minimizza il caso di Milano, dove la Digos ha identificato alcuni attivisti che stavano deponendo dei fiori in ricordo di Aleksei Navalny, il dissidente russo morto venerdì in carcere in Siberia, di fronte alla targa dedicata a un’altra vittima del regime putiniano, la giornalista Anna Politkovskaya. “L’identificazione delle persone è un’operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio, il personale mi è stato riferito che non avesse piena consapevolezza“, dice il capo del Viminale (video), ministro “tecnico” ma molto vicino alla Lega (è stato a lungo capo di gabinetto di Matteo Salvini).

In serata, in realtà, è stata la stessa Questura a “scusarsi” per l’accaduto ribadendo in via ufficiale quanto fatto già trapelare in via ufficiosa al mattino: l’identificazione da parte di una pattuglia della polizia “non aveva alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”. Il personale – si legge in una nota – “si è recato sul posto al fine di identificare compiutamente il promotore dell’iniziativa, in quanto era pervenuta il 17 febbraio alla questura un’email generica che preannunciava la presenza in loco di non più di tre persone. In particolare, il presunto organizzatore, Boris Gonzhalenko, sconosciuto agli atti d’ufficio, aveva omesso di allegare copia del documento d’identità (un passaporto russo), omettendo anche di precisare l’orario dell’iniziativa: informazioni che vengono ordinariamente indicate nell’atto di preavviso alla questura. L’intervento della pattuglia, trovatasi di fronte ad un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate, era finalizzato – ribadisce ancora la nota – semplicemente a verificare con esattezza l’identità del promotore; la contemporanea identificazione di tutti i presenti, effettuata d’iniziativa dagli operanti per un eccesso di zelo, non aveva alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”.

Sensi (Pd): “Se dice così il problema è lui” – Se la nota della questura cerca di sedare la polemica, la posizione del ministro non soddisfa Filippo Sensi, il parlamentare del Pd che ha sollevato il caso sui social: “Se per Piantedosi identificare persone che portano un fiore per Navalny è normale, prendere documenti e generalità non comprime le libertà personali, allora il problema non sono gli agenti e l’abuso di potere in uno Stato di diritto. Il problema è Piantedosi“, attacca. E annuncia all’Ansa: “Depositeremo nelle prossime ore un’interpellanza al ministro dell’Interno. L’obiettivo è avere risposte in Parlamento il più presto possibile. Mi risulta che i manifestanti, una decina, abbiano trovato già in loco degli agenti Digos, che poi hanno provveduto ad identificarli. Perché? Avevano avuto istruzioni in tal senso? Erano persone che portavano un fiore. Il nostro è uno stato di diritto, non di polizia”.

Calenda: “Ributtante”. Bonelli: “Controllo autoritario” – Critiche anche dal resto delle opposizioni: “Che i cittadini italiani vengano identificati dalla Digos per aver lasciato un fiore in memoria di Navalny è semplicemente ributtante. Oggi a piazza del Campidoglio ne lasceremo molti caro Piantedosi, vieni ad identificarci tutti”, scrive sui social il leader di Azione Carlo Calenda. Per Angelo Bonelli, coordinatore di Europa Verde, “se identificare persone che portano un fiore per Navalny è parte della “normalità”, allora dobbiamo chiederci in che tipo di realtà stiamo scivolando. La dura realtà è che, sotto la guida di Piantedosi, il ministero dell’Interno sembra aver perso di vista la differenza tra ordine pubblico e controllo autoritario“, denuncia. Intanto due consiglieri comunali dem a Milano, Daniele Nahum e Alessandro Giungi, hanno ripetuto il gesto dei cittadini identificati, deponendo un fiore in memoria di Navalny ai giardini Politkovskaya.

Le toghe progressiste: “Garantismo a senso unico” – Per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “il fatto che non ci siano limiti rispetto alla richiesta d’identificazione, anche in circostanze come la commemorazione di Milano, pone un tema generale che riguarda la libertà d’espressione“. E a stigmatizzare la giustificazione di Piantedosi interviene anche la magistratura progressista, con il segretario della corrente Area Giovanni Zaccaro: “Viviamo un’epoca strana. C’è una sorta di cortocircuito culturale. Da una parte, il ministro della Giustizia sostiene che comprima il diritto alla riservatezza personale il sequestro di uno smartphone, nell’ambito di un’indagine penale, da parte di un pubblico ministero. Dall’altra, il ministro dell’Interno dello stesso Governo sostiene che non ci sia nulla di male nella identificazione (ossia nella raccolta e nella conservazione dei dati personali) di pacifici cittadini che gridano “viva l’Italia antifascista” (il riferimento è a quanto accaduto alla prima della Scala, ndr) o che portano fiori alla memoria di Navalny, martire della libertà per tutti i cittadini democratici del mondo. Sarà questo il famoso garantismo a senso unico?”, si chiede in una nota.

La Questura: “Identificazione decisa per il numero di persone” – In mattinata la Questura di Milano avevano, come detto, fornito in modo ufficioso la propria versione: la commemorazione era stata preannunciata sabato pomeriggio da una mail del promotore, che ha segnalato la presenza di poche persone, appena due o tre. La nota è stata diffusa alle pattuglie come da prassi, e così domenica, quando gli agenti hanno visto un numero maggiore di partecipanti (una ventina) si sono fermati a controllare: hanno chiesto del promotore, di cui avevano nome e cognome, ma a dire della Polizia non era presente. A quel punto è stata presa la decisione di identificare i presenti. Una spiegazione che però non è bastata a calmare le polemiche: “La legge prevede che l’identificazione deve avere ragioni di ordine pubblico e sicurezza. E ieri a Milano questa due condizioni non c’erano. Sarebbe interessante capire se per caso il Questore di Milano abbia ricevuto disposizioni in tal senso dal governo“, afferma la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi.

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