José Roberto è troppo banale se sei in Brasile. E allora quando nasci in una famiglia borghese di dieci figli (due dei quali adottati) una piccola storpiatura bambinesca del tuo nome di battesimo diventerà il nome con cui sarai conosciuto in tutto il mondo, per sempre. Bebeto.

Nasce a Salvador di Bahia: buona famiglia, numerosa e religiosa, con due dei fratelli maggiori, China e Nilton che già girano per le giovanili locali. Bebeto li emula e a undici anni comincia anche lui a indossare la casacca delle rappresentative per ragazzini, prima il Tiradentes poi il Vasquinho, per poi iniziare a fare sul serio. China gioca nel Bahia e vorrebbe portarlo lì, ma Bebeto è tifoso del Vitória e firma segretamente per le giovanili rossonere. Piccolo, veloce, furbo e con un gran tiro, inizia come trequartista: esordisce nel 1982 segnando al Botafogo nel campionato Baiano. Le sue doti vengono notate dal Flamengo, dove si trasferisce nel 1983, ma l’inizio non è dei migliori e il prosieguo è quasi peggio.

Nel 1984 un aereo monomotore Corsico si schianta contro il Pico do Caledona, sulla Serra do Mar. A bordo c’erano quattro persone: il difensore del Flamengo Claudio Figueiredo Diz, la modella Viviane Ramos, il pilota Moacir Da Costa e Nilton Gomes de Oliveira, il fratello maggiore di Bebeto. Muoiono tutti. L’attaccante è devastato da quella tragedia e decide di smettere col calcio: Nilton era il fratello che lo accompagnava agli allenamenti, il punto di riferimento di Bebeto che addirittura lascia Rio e torna a Salvador, deciso a non tornare più in campo.

Il presidente George Helal però comprende il momento, con piglio paterno sta accanto al ragazzo e riesce a persuaderlo a tornare schierandogli attorno tutti i veterani: Zico (per un breve periodo prima di passare all’Udinese), Adilio, Andrade, Mozer, Leandro lo coccolano e si serrano attorno a lui, che riparte.

E riparte forte: nel 1985 arriva la prima convocazione in verdeoro, nel 1986 il primo titolo, il campionato carioca vinto col Flamengo grazie ai suoi 22 gol. Messo da parte in Nazionale, partecipa con l’Olimpica ai Giochi di Seul, arrivando secondo: una squadra con un attacco che pare stratosferico, con Bebeto e il suo compagno di reparto che si intendono a meraviglia. Il compagno di reparto è O’Baixinho Romario.

In campo sembrano gemelli, fuori meno: uno dei soprannomi affibbiati a Bebeto, giocando anche su quello “ufficiale” è Bebè chorao, ovvero “bambino piagnone” per la sua tendenza a lamentarsi con gli arbitri. Pare che il nomignolo sia un’idea di Romario. Sono diversissimi, d’altronde: Bebeto viene dalla borghesia brasiliana e caratterialmente è un metodico, capace di stare 90 minuti concentrato sulla partita e fuori è, letteralmente, casa, con la moglie Denise, e chiesa. Romario, figlio delle favelas, si autodefinisce “un gatto randagio”, uno in grado di fare due gol in un tempo solo per guadagnarsi il Carnevale di Rio. Non è vero che si odiano però: non sono due che andrebbero al bar assieme, ma c’è rispetto, e poi in campo funzionano a meraviglia.

Bebeto dopo Seul è inseguito da mezza Europa: è praticamente un giocatore del Napoli, come ammette lui stesso in un’intervista quando ormai c’è pure il contratto per il trasferimento in azzurro per 8 miliardi di lire. Il problema è che il Napoli ha Maradona, Careca e Alemao negli slot per extracomunitari e non volendo privarsi di nessuno dei tre l’affare salta.

Passa al Vasco Da Gama allora, dove vince il campionato brasiliano ma mostra i primi problemi di fragilità fisica e torna in Nazionale, vincendo la Coppa America peraltro da capocannoniere verdeoro: sei gol, tra cui uno bellissimo all’Argentina. Partecipa ai mondiali del 1990 ma gioca solo uno spezzone contro il Costa Rica per via degli infortuni: non va meglio quando sulla panchina del Brasile arriva Falcao, con Bebeto che non partecipa alla Coppa America del 1991 per divergenze con l’allenatore.

Intanto è ancora il sogno di molte squadre europee: piace moltissimo alla Juventus e anche alla Fiorentina di Cecchi Gori, ma alla fine a spuntarla è il Deportivo La Coruna. In Spagna all’esordio, nella stagione 1992-93, fa un campionato pazzesco: 29 gol che tengono la squadra a lungo prima in classifica, poi due sconfitte consecutive con Valencia e Logrones in casa la riportano a un comunque onorevole terzo posto finale.

Incredibile la beffa dell’anno successivo: col Depor primo dalla 13esima alla 37esima giornata, fermato sul pareggio ancora una volta dal Valencia e raggiunto a pari punti dal Barcellona che vince il titolo per gli scontri diretti. Ma la beffa sarà ripagata da ciò che accadrà in estate: Bebeto è l’attaccante titolare del Brasile di Parreira a Usa 1994, in coppia, ovviamente, con Romario. I due portano agevolmente la squadra agli ottavi, dove è Bebeto a decidere con un gol agli Usa padroni di casa. Ed è ancora una volta Bebeto a segnare ai quarti contro l’Olanda un gol diventato iconico: sua moglie aveva appena partorito il figlio Mattheus (chiamato così in onore di Lothar) e non potendo accoglierlo di persona l’attaccante di Bahia gli dedica un’esultanza dondolando le braccia correndo, mimando il gesto della culla. Accanto a lui arrivano Mazinho e Romario facendo la stessa cosa: un gesto che accompagnerà quel Brasile fino alla vittoriosa finale di Pasadena e che ancora oggi, con quella meravigliosa seconda maglia blu, è impresso nella memoria di tanti.

Riesce a vincere col Depor, ma solo Copa del Rey e Supercoppa spagnola, scrivendo però un record incredibile nella Liga: cinquina, con quattro gol in sei minuti, contro l’Albacete prima di tornare in Brasile al Flamengo. Trova Romario, ma dura poco: Bebeto tornerà in Europa al Siviglia per un’esperienza molto deludente da cinque presenze senza gol. Pure Romario dopo l’esperienza di Barcellona tornerà in Spagna, ma a Valencia, segnando 4 gol in cinque partite.

Bebeto tornerà in Brasile al suo Vitória e poi al Botafogo per preparare, a discapito dei 34 anni, il suo terzo mondiale, quello di Francia ’98: la concorrenza è ricca, a partire da Ronaldo il fenomeno (e senza Romario), ma Bebeto trova il suo spazio in tutte le gare segnando anche 3 gol. La finale persa per 3 a 0 contro la Francia sarà la sua ultima gara in nazionale.

Per i club giocherà ancora quattro anni, fiaccato però dagli infortuni e senza lo smalto di un tempo. Poi arriverà la politica, ancora una volta, parallela a quella di Romario: militano entrambi nel centrodestra, salvo poi dividersi quando O’Baixinho sceglie di seguire Bolsonaro e Bebeto di sostenere Lula, scambiandosi reciproche accuse di tradimento. Prima del litigio, Bebeto aveva scritto un bellissimo messaggio per festeggiare il compleanno dell'(ex)amico, difficile aspettarsi che oggi Romario ricambierà per i 60 anni del suo ex partner d’attacco.

Articolo Precedente

Grandi panchine in cerca di padrone: il valzer da Mourinho a Xabi Alonso (e c’è De Zerbi)

next
Articolo Successivo

Mbappé al Real significa il ritorno al passato più glorioso. E questa volta ‘galàcticos’ saranno soprattutto gli affari

next