Lonate Pozzolo verso Malpensa, quasi mezzogiorno del primo febbraio, un colpo di fucile calibro 12, pieno stile mafioso. La ricostruzione della procura di Busto Arsizio è netta e allarmante. La vittima dello sparo è l’imprenditore Alberto Imperato a quell’ora da solo in auto. Sta guidando verso casa. A cento metri dalla sua villetta, i colpi di fucile. Sparati da un boschetto vicino e a distanza di 20 metri. I pallettoni colpiscono la fiancata della macchina sul lato passeggero. I carabinieri arriveranno a concludere che a sparare sono stati, al momento, ignoti nascosti appositamente dietro i rami, e che non vi era a quell’ora presenza di cacciatori di frodo. Insomma la minaccia mafiosa è molto più che verosimile. Non è la prima, ma l’ultima delle tante per Imperato. Già altre e recentissime per tutelarne l’incolumità sono state segnalate dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta Hydra sull’esistenza in Lombardia di un consorzio mafioso composto da cosa nostra, ndrangheta e camorra romana. Tutte riassunte in due annotazioni integrative alla richiesta di arresto della Procura e che il giudice per le indagini preliminari di Milano Tommaso Perna ha così commentato: “Nulla aggiungono al quadro sinora delineato le due integrazioni depositate dalla Procura della Repubblica, peraltro scarsamente argomentate e confluite in poche pagine ciascuna”. Lo stesso ufficio gip diretto da Aurelio Barazetta lo scorso ottobre boccerà in toto l’ipotesi associativa della Procura sul nuovo sistema mafioso lombardo. Per motivare l’assenza della mafia, il gip, come è noto, nella parte in diritto sul 416 bis copierà ampi stralci da un articolo online di uno studio legale di Napoli. Il ricorso al Tribunale del Riesame fatto dalla Procura sarà discusso il prossimo marzo. Insomma per il gip i rischi di gravi attentati per Imperato non erano affatto rischi. E ora dopo l’agguato del primo febbraio?

Il nome di Imperato è noto alle cronache che raccontano l’infiltrazione della mafia calabrese in Lombardia. Nel 2019, quando la Procura di Milano indagava sulla presenza di una locale di ‘ndrangheta a Lonate Pozzolo guidata dal boss Vincenzo Rispoli (oggi al 41 bis), emerse ai danni di Imperato un tentativo di estorsione da parte dei clan legati alle cosche di Cirò Marina. Episodio venuto alla luce solo grazie alla coraggiosa denuncia dello stesso imprenditore. Da quel momento in poi il suo nome è finito sulla lista nera dei boss. L’inchiesta Krimisia chiuse il cerchio con decine di condanne, confermando per la seconda volta la presenza della ‘ndrangheta nel comune di Lonate Pozzolo. Presenza mafiosa ribadita dalla Procura nell’inchiesta Hydra. Ora, però, negli atti integrativi a sostegno della richiesta di arresto per oltre 100 persone la Procura di Milano e i carabinieri del Nucleo investigativo avevano avvertito in modo chiaro il giudice delle minacce ricevute da Imperato e del pericolo che stava correndo. Proprio così. Perché prima dei colpi di fucile del primo febbraio, altro c’era stato. Tra il 18 e il 20 ottobre 2019, furono ritrovati colpi d’arma da fuoco esplosi vicino alla sua casa e vennero manomesse le telecamere di sorveglianza. L’11 marzo scorso, nei giorni in cui Imperato sta decidendo di candidarsi per le elezioni comunali viene affiancato da un’auto. A bordo due uomini incappucciati. Uno di loro gli grida: “Ti avremmo cercato, ti abbiamo già trovato, se vai anche in politica ti facciamo fuori”. Non è finita. Il 6 aprile, mentre nella sua casa, si sta tenendo una riunione politica in vista delle elezioni uno dei suoi cani da guardia viene avvelenato. “L’evento – scrivono i carabinieri – è una tipica manifestazione mafiosa di avvertimento”.

Il 2 maggio, poi, i pm scrivono al gip: “Alle ore 21:10 sono stati esplosi almeno 4 colpi di arma da fuoco, in un’area isolata adiacente all’abitazione di Alberto Imperato”. L’uomo riferisce: “Udivamo colpi d’arma da fuoco, in rapida successione, provenire proprio dalla zona boschiva dietro alla casa. Mi arrampicavo per vedere cosa potesse essere successo e in quel frangente avevo modo di vedere un uomo fermo nel campo adiacente al bosco. Alla mia vista, l’uomo iniziava a correre in direzione del bosco”. Cinque episodi di intimidazione mafiosa. Di cui tre negli ultimi mesi. Tutti denunciati da Procura e carabinieri all’ufficio gip/gup di Milano. E tutti rispediti al mittente perché “scarsamente argomentati”. Questo naturalmente fino alla mattina del primo febbraio scorso, quando va in scena l’ennesima intimidazione che solo per miracolo non ha ferito Imperato.

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