È bastato un annuncio a far risalire la tensione diplomatica fra Filippine e Cina, dopo le provocazioni dei mesi scorsi nel Mar cinese meridionale, conteso dai due governi. Il 7 febbraio il segretario della Difesa filippino, Gilberto Teodoro, ha comunicato l’intenzione di Manila di aumentare la presenza militare nelle isole Batan, la provincia più settentrionale del Paese, per rafforzarne le capacità difensive. Quelle isole, però, distano meno di duecento chilometri da Taiwan, la nazione insulare che rivendica l’indipendenza dalla Cina: anche se per ora nella provincia non sorgeranno nuove basi, quindi, difficilmente Pechino può non vedere la mossa come un atto di ostilità. E infatti la reazione è arrivata subito: il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, ha intimato a Manila di “non giocare sul fuoco” e ha avvertito che Taiwan rappresenta una “questione di interesse fondamentale e una prima linea rossa da non oltrepassare” auspicando una “chiara comprensione della controparte”.

Le frizioni tra i due Stati non sono una novità, ma negli ultimi mesi stanno assumendo toni più drastici. Risale a dicembre scorso una collisione tra mezzi delle rispettive Guardie costiere, con reciproche accuse di sforamento delle acque territoriali. In quell’occasione le Filippine convocarono l’ambasciatore cinese, accusando Pechino – con tanto di prove video – di aver utilizzato cannoni ad acqua contro le proprie motovedette. Un mese prima, invece, ad irritare la diplomazia del Dragone erano stati i pattugliamenti navali congiunti di Manila e degli Usa all’estremo limite settentrionale delle acque filippine: una vicenda ritenuta l’elemento scatenante del nuovo innalzamento della tensione, il più a rischio escalation degli ultimi anni. Lo scorso agosto, sul Guardian, l’analista Bill Hayton aveva sottolienato che la combinazione fra le ambizioni espansionistiche cinesi e la crescente cooperazione tra Filippine e Usa sta creando “un ciclo di azione e reazione sempre più pericoloso”.

Nel corso del 2023 la cooperazione militare fra Usa e Filippine – il maggiore alleato nell’area in funzione anticinese, insieme al Giappone – è effettivamente aumentata notevolmente. Il numero di basi filippine – alcune delle quali prossime a Taiwan – a cui Washington può avere accesso è quasi raddoppiato. Inoltre, nel mese di aprile, più di 17mila soldati filippini e statunitensi sono stati coinvolti nella più grande esercitazione congiunta di sempre, tenuta nella provincia settentrionale del paese, proprio quella in cui ora Manila vuole rafforzare la presenza militare. Il territorio delle isole Batan, d’alra parte, ha un alto valore strategico e l’interesse statunitense in quell’area è una realtà: gli Usa sono un aperta trattativa con il governo filippino per la costruzione di un porto civile, che aumenterebbe significativamente l’accesso statunitense alle isole circostanti Taiwan.

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