Una corona d’alloro è stata deposta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nei pressi della grande foiba, a Basovizza, in occasione del Giorno del ricordo. Subito dopo è stato suonato il silenzio. “Sono venuta molte volte qui, da ragazza quando farlo era essere additati, accusati, isolati”, ha detto la premier. “Siamo qui a chiedere ancora perdono a nome delle istituzioni di questa Repubblica per il colpevole silenzio che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale e per rendere omaggio a tutti gli istriani i giuliano-dalmati per rimanere italiani decisero di lasciare tutto, case, beni, terreni per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro e cioè l’identità”. Quindi ha aggiunto: “E’ la prima volta in questa veste” a Trieste, “anche se sono stata a Basovizza molte volte. Credo fosse un atto dovuto, anche perché scopro che nessun presidente del Consiglio era mai stato alla celebrazione di Basovizza”.

La commemorazione solenne al monumento nazionale sul Carso triestino è iniziata con la cerimonia dell’Alzabandiera, alla presenza di un picchetto del Reggimento Piemonte Cavalleria 2/o; sono quindi stati resi gli onori ai martiri delle foibe. Oltre alla corona della presidenza del Consiglio, sono stati deposti gli omaggi della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Trieste, con il governatoreMassimiliano Fedriga e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza; del presidente del comitato per i Martiri delle foibe e della Lega Nazionale, Paolo Sardos Albertini; dei rappresentanti delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Presente anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “È una giornata molto significativa. Nei giorni scorsi il governo ha approvato un disegno di legge che tende a creare a Roma un grande Museo del ricordo che sia un luogo della memoria, un percorso storico museale per raccontare soprattutto alle giovani generazioni che cosa accadde tra il 1943 e 1946-47 sul confine orientale. È un percorso che va avanti, che tende a colmare quel grande buco della memoria che c’è stato nei decenni passati”.

Ieri, 9 febbraio, dal Quirinale aveva parlato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica”. Da vent’anni, il 10 febbraio, si ricordano il dramma delle foibe e l’esodo di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, al confine orientale d’Italia. “Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte”, ha detto il Capo dello Stato. “I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione”. E non solo. L’inquilino del Colle ha parlato a anche di “inaccettabile stravolgimento della verità”. “Dopo aver patito le violenze subite all’arrivo del regime di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla loro sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria Patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell’ostilità, di parte dei connazionali. Le loro sofferenze non furono, per un lungo periodo, riconosciute“. Eppure, i fantasmi del passato non sembrano del tutto messi alle spalle. “Dall’Ucraina al Medio Oriente ad altre zone del mondo, la convivenza, la tolleranza, la pace, il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale sono messi a dura prova. Pagine buie della storia, anche d’Europa, sembrano volersi riproporre”, ha detto ancora Mattarella. E ha concluso: “All’Europa, e al suo modello di democrazia e di sviluppo avanzati, guardano milioni di persone nel mondo. L’unità dei suoi popoli è la sua forza e la sua ricchezza. Il buon senso e l’insegnamento della storia chiedono di non disperderla ma, al contrario, di potenziarla, nell’interesse delle nazioni europee e del futuro dei nostri giovani”.

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Giorno del Ricordo, Meloni a Basovizza: “Venivo qui anche da ragazza a rischio di essere additata e isolata”

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