In quattro mesi di guerra la popolazione della Striscia di Gaza è stata costretta ad abbandonare la propria casa e a spostarsi più volte sempre più a sud, prima a Khan Younis e poi verso Rafah. Ora che anche l’ultimo lembo di terra al confine con l’Egitto è nel mirino di Israele che ha annunciato una nuova offensiva su Rafah, gli abitanti non hanno più speranze di trovare un posto dove rifugiarsi dagli attacchi dell’esercito. Da settimane ormai quasi due milioni di persone vivono strette in questa area, l’ultima rimasta. “Non sappiamo dove andare. Ogni singola persona a Gaza è sfollata e si è spostata tre o quattro volte” racconta un’operatrice Oxfam. “Ci hanno detto di venire a Rafah, perché era sicura. Ma non è così, perché anche qui ci sono attacchi aerei. Non può essere definita una zona sicura”. Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres gli attacchi a Rafah “peggioreranno quello che è già un incubo umanitario nella zona dove più della metà della popolazione di Gaza ha cercato rifugio dalle bombe israeliane”

Il racconto fa parte di una serie di testimonianze raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.

LA PETIZIONE – Nessuna risposta umanitaria significativa potrà esserci senza un immediato cessate il fuoco. Per questo Oxfam ha lanciato un appello urgente al governo italiano e ai leader europei a cui si può aderire su: https://www.oxfamitalia.org/petizione-gaza/

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