L’Italia non partecipi ad alcun intervento armato nello Yemen o diventerà un nostro bersaglio. Mohamed Ali al-Houti, uno dei membri di spicco di Ansar Allah, il gruppo meglio conosciuto come Houthi che controlla l’area occidentale del Paese della Penisola arabica, compresa la capitale Sana’a, lancia un avvertimento a Roma che sa di minaccia. La missione Aspides lanciata dall’Unione europea nel Mar Rosso per proteggere i cargo commerciali diretti nel Mediterraneo, fortemente voluta da Francia, Germania e Italia, che ne è alla guida, ha portato le azioni del governo Meloni all’attenzione del movimento sostenuto dall’Iran. E in un’intervista a Repubblica il membro del gruppo assicura che “l’Italia diventerà un bersaglio se parteciperà all’aggressione contro lo Yemen. Il suo coinvolgimento sarà considerato un’escalation e una militarizzazione del mare e non sarà efficace. Il passaggio delle navi italiane e di altri durante le operazioni yemenite a sostegno di Gaza è una prova che l’obiettivo è noto”.

Da queste affermazione Mohamed Ali al-Houti parte per dare un “consiglio” all’esecutivo di Roma: “Il nostro consiglio all’Italia è di esercitare pressione su Israele per fermare i massacri quotidiani a Gaza. Questo è ciò che porterà alla pace. Consigliamo all’Italia di rimanere neutrale, che è il minimo che può fare. Non c’è giustificazione per qualsiasi avventura al di fuori dei suoi confini”. Ciò che l’Europa e di conseguenza l’Italia dovrebbero fare rispetto al conflitto a Gaza, aggiunge poi il politico, non è schierarsi contro i gruppi che attaccano Israele, ma “aumentare la pressione sui responsabili degli orrori a Gaza. Le nostre operazioni mirano a fermare l’aggressione e a sollevare l’assedio. Qualsiasi altra giustificazione per l’escalation da parte degli europei è inaccettabile”.

A queste parole ha replicato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, dicendo che l’Italia non si farà “intimorire dalle minacce degli Houthi. Noi difendiamo il traffico mercantile, non attacchiamo nessuno ma non vogliamo essere attaccati da nessuno. C’è una libera circolazione marittima, se ci saranno degli attacchi risponderemo difendendo le navi mercantili italiane. Questo deve essere molto chiaro. Non ci facciamo intimidire da nessuna dichiarazione degli Houthi che sono un’organizzazione terroristica”.

Mohamed Ali al-Houti passa poi a commentare le azioni di Gran Bretagna e Stati Uniti, i due Paesi che hanno formato una coalizione che sta sferrando attacchi in territorio yemenita, non limitandosi, quindi, solo ad azioni difensive. “Sono aggressioni illegali e di un terrorismo deliberato e ingiustificato – commenta il membro del gruppo – Gli aerei d’aggressione americano-britannici hanno lanciato 48 attacchi aerei contro lo Yemen colpendo Sana’a e Hodeida insieme ad altri obiettivi. In precedenza, hanno preso di mira le nostre pattuglie nel Mar Rosso, causando il martirio delle forze navali. Questi bombardamenti non influenzeranno le nostre capacità. Anzi ci rafforzano”.

Questi attacchi, sostiene, possono essere considerati “illegali” perché nell’intento di Ansar Allah non c’è quello di scatenare un conflitto nel Mar Rosso, ma boicottare, attraverso azioni militari, il flusso di merci in qualche modo collegabili allo ‘Stato ebraico’: “In primo luogo, non c’è alcun blocco nel Mar Rosso. Prendiamo di mira solo le navi associate a Israele che si dirigono verso porti occupati, di proprietà di israeliani, o che entrano nel porto di Eilat. Qualsiasi nave non legata a Israele non subirà danni. Non abbiamo intenzione di chiudere lo stretto di Bab el Mandeb o il Mar Rosso. Se volessimo farlo, ci sarebbero altre misure più semplici rispetto all’invio di missili”. Il leader, però, nemmeno condanna l’attacco delle forze filo-Iran che hanno colpito una base militare americana al confine tra Giordania, Siria e Iraq.

In questo clima, il rischio di una nuova escalation in Yemen che coinvolga il blocco Usa-Uk e anche l’Iran aumenta in parallelo al numero degli attacchi reciproci. Nonostante ciò, afferma il membro degli Houthi, tra loro e gli Stati Uniti non esiste un canale negoziale diretto. E la guerra terrestre non impaurisce i ribelli: “La guerra terrestre è ciò che desidera il popolo yemenita, poiché si troverà finalmente di fronte a coloro che sono responsabili delle sue sofferenze da oltre nove anni – conclude – Se gli Stati Uniti inviano truppe nello Yemen, dovranno affrontare sfide più difficili di quelle in Afghanistan e Vietnam. Il nostro popolo è resiliente, pronto e ha varie opzioni per sconfiggere strategicamente gli americani nella regione”.

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