Quand’è che un saluto romano si trasforma in partito fascista? E quando una riunione di cospiratori diventa un rischio per la democrazia?
A quanto si apprende dalla informazione provvisoria 1/2024, la Cassazione ritiene che il saluto romano debba effettivamente considerarsi reato – previsto dall’art. 5 l. 645/1952 – di “manifestazione usuale del disciolto partito fascista” (grazie), ma – attenzione – solo qualora “sia idoneo ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. In più, può altresì integrare il reato ex art. 2 d.l. 122/1993 di “manifestazione esteriore od ostentazione di emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni fasciste”, ma solo a determinate condizioni. Ora pensiamo bene a quali, e poi ve lo facciamo sapere.

Strano, perché le leggi in questioni non prevedono condizioni: chi compie manifestazioni o rituali propri del fascismo è punito. Per sostenere che il braccio teso dei lucidi statisti di via Acca Larenzia non vada punito bisognerebbe ipotizzare che significhi altro: magari stavano chiamando un taxi, o misurando il vento? E d’altra parte, anche seguendo la tesi della Cassazione, come si fa a ricostituire il partito fascista a suon di braccia tese? Si può certamente discutere della bontà di queste disposizioni di legge: considerarle opportune, liberticide, troppo morbide, controproducenti. Il fatto è che, per il momento, esistono, quindi sarebbe bene applicarle.

Nel 2017 la Corte Costituzionale tedesca fu chiamata a decidere se il partito “Nationaldemokratische Partei Deutschlands” (ispirato all’antico NSDAP) dovesse essere vietato. La Corte stabilì che tale partito mirava (“sistematicamente e intensamente”) ad eliminare l’ordinamento fondamentale liberaldemocratico, a sostituire l’ordine costituzionale con un sistema autoritario incentrato sulla comunità etnica nazionale, si professava contrario al principio di dignità umana ed era, pertanto, incompatibile con l’ordinamento democratico. Quindi, verboten? No. Perché intanto non se lo fila nessuno (risultato elettorale nel 2017: 0,4%) e quindi non ha potenziale offensivo. Ma anche in questo caso la norma di riferimento (art. 21 c. 2 della Costituzione Federale) non dà alcun rilievo all’offensività: se un partito mira a contrastare l’ordinamento liberaldemocratico e/o la sussistenza della repubblica federale, è incostituzionale e va vietato.

Quindi, ricapitolando: svolgere manifestazioni fasciste: ok. Combattere l’ordinamento democratico “sistematicamente ed intensamente”: ok. Pazienza se la legge dice un’altra cosa: finché non invadi la Polonia, va bene tutto.

La confusione generata dall’applicazione caotica di questi principi comincia a farsi notare: qualche giorno fa il collettivo di giornalisti investigativi Correctiv ha pubblicato un lungo e dettagliato servizio realizzato di nascosto in un albergo nella campagna nei dintorni di Berlino, in cui nel novembre scorso ha avuto luogo un incontro segreto tra politici (e deputati) di AfD e CDU, industriali, neonazisti pregiudicati di fama internazionale ed esoteristi. Ordine del giorno: metter in piedi un programma per rimpatriare (dove???) la popolazione residente non tedesca ed i cittadini tedeschi di etnia non tedesca. Qualora non si riesca a rimpatriarli a casa loro: fondazione di uno “stato modello” in Nordafrica, idoneo ad accoglierli. Tutto vero.

E’ grande la tentazione di bollare questo genere di avvenimenti come semplici farneticazioni di menti confuse e, pertanto, innocue. A giudicare dalle oceaniche manifestazioni antifasciste che hanno fatto seguito alla rivelazione in tutta la Germania non sono più in molti a crederlo. E bisogna pur ammettere che un conto è esprimere opinioni e pensieri nazifascisti (la libertà d’espressione vale per tutti), altro conto è raccogliere fondi, organizzare riunioni, mettere a punto programmi sovversivi – passare all’azione. Come bisogna anche ammettere che, negli ultimi dieci anni il fenomeno dell’estremismo di destra non è solo cresciuto in termini numerici, ma ha anche assunto connotati più spiccatamente antisistemici, antidemocratici ed illiberali.

Forse quelle leggi all’apparenza così rigide servono proprio a questo: a prevenire che una cosa contraria ai principi liberaldemocratici, ma ancora innocua, prosperi e cresca fino al punto in cui non è più contrastabile.