Con le nomination pronte iniziamo ad esser in zona Oscar. E proprio La zona d’interesse, di produzione anglo-polacca ma diretto dal londinese Jonathan Glazer ne ha totalizzate ben 5. La cinema company A24 destabilizza proprio con i suoi film, in un modo o nell’altro ci fa tremare sempre la terra sotto le suole delle nostre certezze. The Whale, Everything Everywhere e ora questo film di negazione visiva al limite del conato contro la più riprovevole delle quotidianità. Impossibile sospendere il giudizio verso quelle atrocità che Glazer, appunto, nega ai nostri occhi.

La trama: mentre la famiglia di un comandante nazista vive nella sua grande villa bucolica ai bordi di un lager, al di là solo echi lontani di spari, grida e cani. Continui. L’Olocausto resta dietro un muro mentre i primi piani su questi pasciuti tedeschi mancano. La moglie dell’ufficiale ha viso e portamento imbellettato di Sandra Hüller, protagonista anche di Anatomia di una caduta. Il regista prende una distanza formale, severa, in un laboratorio estetico che utilizza luci e spazi naturali per raccontarci non la banalità del mostro, ma la quotidianità. Che fa ancor più paura. Commenta con schermate nere o rosse nel montaggio, vira immagini in negativo per stringerci in contrasti tra bene familiare e male del mondo e poi ci trasporta nel tempo pietrificandoci dentro qualsiasi lacrima, e impedendoci di versarne.

Incredibile questo lavoro, una delle sue candidature è per il Miglior film straniero, probabilmente l’avversario numero uno del grande Io, capitano del nostro Garrone, già in un parterre non facile. Da noi esce il 22 febbraio Glazer, e di strada buona da quei magnifici videoclip di Jamiroquai e Radiohead ne ha fatta un bel po’.

Dall’1 febbraio invece abbiamo in sala Argylle, una spy-comedy iper-cinetica dalla fantasia anabolizzata scritta e diretta da Matthew Vaughn, uno che ha ritoccato la grammatica supereroistica e spionistica con titoli sportivo-eleganti (mi si conceda l’aggettivo da vestiario) quali X-Men-L’inizio e i 3 Kingsman. Qui Vaughn calca la mano realizzando un frullato che scimmiotta le velocità cangianti di Bullet Train e Everything Everywhere. Protagonisti una Bryce Dallas Howard che non t’aspetti e un magistralmente spassoso Sam Rockwell. Fa sorridere la coreografia ammiccante ai limiti della Pallottola Spuntata tra Henry Cavill e Dua Lipa, quanto l’autoironia di Bryan Cranston, Samuel L. Jackson e John Cena. Ma occhio, resta giusto un giocattolone visivo d’intrattenimento molto leggero per un pubblico adolescente o di tendenze fruitive da gamer.

Il primo giorno in Italia ha incassato 35.000 euro piazzandosi subito al quarto posto di un magro box office da giovedì sera. Chissà quanto crescerà dal 2 febbraio nei suoi States, essendo della scuderia Universal.

Stessa data d’uscita per l’inglese How to have sex. Conquistando a Cannes il Certain Regard è stata forse la sorpresa più fresca del Festival. Con la sua opera prima Molly Manning Walker ci porta in vacanza al mare con queste tre ragazzine insicure quanto vitali. Sono a caccia di amori estivi e prime volte, ma fumano e bevono tutto il tempo tra balli, bagni in piscina e notti brave, spinte e frenate dalla loro tenera immaturità tumultuosa che cerca una via. Le loro vicende sentimentali s’incroceranno perdendosi o ritrovandosi? L’amicizia resta la costante certezza e le attrici, vere e vivacissime, vengono dirette ottenendo un naturalismo vicino allo stile di Kechiche, il regista di Mektoube My Love e La vita di Adele. Se siete per questo tipo di cinema che ti arriva dritto al petto come la vita, allora correte a vederlo.

Se siete più riflessivi, alleniani e un po’ cerebrali, se vi piacciono le commedie fatte di relazioni un po’ contorte, se a stimolarvi sono le sfaccettature che fanno dialogare ma anche discutere dopo una serata al cinema, allora A dire il vero fa per voi. In sala dall’8 febbraio, il titolo originale è You Hurt My Feelings e parla di una scrittrice newyorkese di mezza età. Per caso, al suo ultimo romanzo, scopre che il marito psicoterapeuta in realtà mente dicendole che il libro gli piace molto. Julia Louis-Dreyfus e Tobias Menzies, nell’impeccabile direzione di Nicole Holofcener, inscenano un attualissimo affresco di bugie bianche per ammortizzare verità altrimenti brutali o scomode. E se la disonestà fosse il prezzo della gentilezza?

Un grappolo d’attori di questa commedia viene dalla serie Succession, quindi cast cassaforte. La regista riesce a descrive l’insicurezza che le persone creative lasciano scoperta quando si mettono in gioco, stilettando con intelligenza e umorismo piccole e grandi fragilità nella coppia.

Del Colore Viola si sa già tutto, sia del celebre romanzo che del film di Steven Spielberg del 1985. Arriva in sala l’8 febbraio una nuova versione più orientata sul musical, che travolge dall’inizio alla fine con nuova linfa registica di Blitz Bazawule. Lo fa con testi e coreografie perfettamente calibrati per mescolarsi con questo tipo di dramma patriarcale e rinascita attraverso fede e sorellanza tra tre donne.

La parte di Mister che fu di Danny Glover passa a Colman Domingo, asso dei giorni nostri, ma sono spettacolari tutte le attrici che lo subiscono. C’è un momento dove la nuova giovane Sofie, Phylicia Mpasi, incrocia Whoopi Goldberg, che interpretò quel personaggio nell’85. Sembra un passaggio di consegne. Forse lo è in un certo senso. In più Oprah Winfrey (con Spielberg interpretava la dura Sofia) qui è producer insieme a lui. Il terzo grande vecchio in questa nuova produzione è Quincy Jones, che allora compose la colonna sonora. Il nuovo regista africano ha stile e originalità sia nel modernizzare il dramma con in suoi bei concept scenografici, sia nella gestione appassionante di tutto il cast. È uno dei grandi titoli snobbati dagli Oscar.

Lo ha prodotto Mel Gibson invece Sound of Freedom. In sala come evento speciale il 19 e 20 e distribuito dalla Dominus Production, piccola casa italiana dai grandi ideali, ci porta nella reale vicenda di un agente federale che alla fine del suo servizio d’indagine e arresto pedofili in giro per il mondo, 10 anni fa decise di portare in salvo dei piccoli innocenti dal mercato online. Jim Caviezel interpreta Tim Ballard. Il lavoro di Alejandro Monteverde, interessantissimo per il tema oscuro, scorre come un film verità povero di grandi idee drammaturgiche e d’azione ma con performance molto convincenti anche dai bimbi attori sul set.

Il grande protagonista della Sottile Linea Rossa e The Passion interpreta un eroe silenzioso e generoso dei nostri tempi. Ma il set del film su Ballard, ora trumpiano con ambizioni da futuro senatore, precede ovviamente l’accusa recente di molestie arrivatagli da sette donne nel 2023. E questo getta un’ombra non sul film ma sull’uomo. Dove sarà la verità?

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