Ennesimo pasticcio sulla carne coltivata. Potrebbe essere dichiarata inapplicabile la legge italiana voluta dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e che ne vieta produzione e immissione sul mercato. La Commissione europea chiude la procedura TRIS, prevista quando vengono approvate norme che ostacolano la libera circolazione delle merci in ambito comunitario e lo fa anticipatamente per via di un errore procedurale. “Il testo è stato adottato dallo Stato membro prima della fine del periodo di sospensione” previsto dalle direttive, spiega Bruxelles, invitando l’Italia a informare la Commissione “del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia” dell’Unione europea. Il riferimento è, in modo particolare, alla sentenza del 30 aprile 1996 (la CIA-Security, ndr) che, rifacendosi alla procedura indicata nella direttiva 98/34/CE, stabilisce che – per le norme che ostacolano la libera circolazione delle merci in Ue – gli Stati membri sono obbligati a notificare “i progetti delle regolamentazioni tecniche relative ai prodotti” alla Commissione e agli altri Stati membri “prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali”. In caso contrario, come avvenuto per la legge italiana, la norma – che vieta anche l’utilizzo di denominazioni riferite a carne o prodotti a base di carne (come ‘salame’ o ‘bistecca’) per alimenti a base vegetale, il cosiddetto meat sounding – può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali. Il tutto accade a una settimana dalla presa di posizione di Austria, Italia e Francia (e di altri Stati che si sono aggregati, ndr) che, in una nota congiunta, hanno chiesto alla Commissione Ue di presentare una valutazione sull’impatto della carne coltivata prima di qualsiasi autorizzazione normativa, oltre a una consultazione pubblica, una modifica del processo di approvazione e il divieto dell’uso del termine ‘carne’. Di queste ore, tra l’altro, anche l’intervento del premier francese, Gabriel Attal che, parlando di “carne sintetica”, ha affermato: “Non corrisponde al nostro ideale”.

La violazione da parte dell’Italia – Ora, invece, dovrà essere l’Italia a riferire rispetto a quanto fatto. Il Governo Meloni, di fatto, aveva notificato la legge alla Commissione, ma il ministro Lollobrigida aveva poi chiesto il ritiro della notifica Tris a ottobre 2023 “per un approfondimento delle tematiche oggetto del ddl, alla luce della discussione parlamentare in corso e delle modifiche che il testo potrebbe subire”. L’approvazione è arrivata il 1 dicembre 2023. Solo in seguito, dunque, la Commissione europea ha potuto esaminare il testo. Cosa sarebbe dovuto avvenire invece? La Commissione e gli altri Stati membri avrebbero dovuto avere tre mesi di tempo per esaminare la norma (senza che questa venisse adottata) e dare una risposta, presentando un parere circostanziato all’Italia. C’è, poi, un problema che riguarda il meat sounding, in quanto la Corte di giustizia dell’Ue dovrebbe pronunciarsi a breve anche su una legge francese (che prevede lo stesso divieto di quella italiana). Ed è chiaro che la decisione dei giudici detterà la linea anche per gli altri Stati.

Le reazioni e la posizione del ministro Lollobrigida – “Il ministro Lollobrigida ha avuto così tanta fretta nell’annunciare la sua ‘impresa eroica’ di aver fatto dell’Italia l’unico Paese al mondo a vietare qualcosa che non esiste, da trascurare le regole dell’Ue” ha commentato la senatrice della Svp e presidente del Gruppo per le Autonomie, Julia Unterberger. Commenti duri anche dai parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione Agricoltura Sabrina Licheri, Gisella Naturale, Luigi Nave, Alessandro Caramiello, Susanna Cherchi e Sergio Costa. “La verità è che il ministro voleva evitare una immediata bocciatura da parte della Commissione e così si è sottratto al giudizio. Adesso – scrivono – a pagare sarà il Paese, che rischia una procedura d’infrazione e una sanzione”. Secondo il ministro dell’Agricoltura, però, la chiusura della procedura “comporta che sia stata definitivamente accertata, da parte della Commissione europea, la compatibilità della legge con i principi del diritto dell’Ue in tema di mercato interno. Diversamente – dice – la Commissione avrebbe proceduto con un parere circostanziato, a prescindere dalle modalità di notifica”. E aggiunge: “Non ci sarà nessuna procedura di infrazione, né richiesta all’Italia di abrogare la legge. La Commissione chiede solo di essere informata sull’applicazione della legge da parte dei giudici nazionali”.

Cosa aspettarsi – Si attende, invece, una reazione della Commissione Europea l’Associazione Luca Coscioni, secondo cui la decisione dell’Italia che si può spiegare solo come un “tentativo di evitare che la Commissione si esprimesse nel merito di un provvedimento che avrebbe bocciato in quanto manifestamente contrario al diritto Ue”. “Il provvedimento vieta illegittimamente un prodotto prima ancora che l’autorità europea competente per la sicurezza alimentare (EFSA) si sia espressa nel merito” spiegano le giuriste Vitalba Azzollini e Giulia Perrone e il responsabile della campagna sulla carne coltivata per l’associazione, Lorenzo Mineo. Come spiega Francesca Gallelli, consulente per le relazioni istituzionali del Good Food Institute Europe, inoltre, “imponendo divieti inutili e sproporzionati, non sono stati rispettati il principio di precauzione europeo e la Costituzione italiana”. E, ricordando che il ministro italiano è tra quelli che in Europa ha chiesto alla Commissione europea di svolgere delle consultazioni trasparenti e basate sulle evidenze scientifiche sulla carne coltivata, auspica che “lo stesso avvenga in Italia, questa volta prima di adottare un divieto non proporzionale e ingiustificato”. Secondo Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali, “il Governo era consapevole dell’inapplicabilità della legge ma ha voluto comunque giocare a nascondino, ritirando la nota per paura di una bocciatura ed esponendoci al rischio di una procedura di infrazione da parte della Commissione”. Per la ong “questo divieto è inutile per diversi motivi ma soprattutto perché, una volta ricevuto l’ok per il commercio in Europa, l’Italia non potrà in nessun modo vietare l’importazione e la vendita di carne coltivata”.

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