Sul divieto di produzione e immissione sul mercato della carne coltivata, l’Italia dovrà essere pronta al braccio di ferro in ambito europeo. Il governo lo ha capito e si è mosso di conseguenza, ritirando la notifica Tris, che i Paesi Ue devono inviare a Bruxelles quando vengono approvate leggi che ostacolano la libera circolazione delle merci in ambito comunitario. Si mira, così, a prevenire la creazione di barriere commerciali. Una decisione, quella italiana, che sa di ritirata strategica per sottrarre il testo all’esame dell’Unione europea ed evitare una sonora bocciatura. Il ddl approvato il 19 luglio 2023 in Senato è ora in consultazione alla Camera. “Sanno che la norma verrà bocciata (dalla Commissione Ue, ndr) e non vogliono che accada prima dell’attuazione della legge” ha commentato la senatrice del Partito Democratico Ylenia Zambito. Ma anche una volta approvato, il testo resta inapplicabile se non conforme al diritto europeo. Il governo potrebbe, quindi, apportare delle modifiche e riprovarci. Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, dice che sul ddl “si continua esattamente e linearmente con quanto normato”. E la notifica alla Commissione Ue? “La posticipiamo come già avvenuto in passato per altri provvedimenti analoghi. Riteniamo che avvenga molto celermente, cioè entro il mese di novembre”. Ma restano molti dubbi sulle modifiche che sarebbe necessario apportare per ottenere l’ok della Commissione Ue. Come finirà, non è dato saperlo. L’unica certezza è che è lungi dal poter essere considerato “una vittoria per l’Italia”, così come era stato definito dal ministro dell’Agricoltura.

Il testo sulla carne coltivata, cosa c’è che non va – In sette articoli, di fatto, il ddl sulla carne coltivata introduce il divieto di produzione e immissione sul mercato di alimenti, bevande e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati. Come riportato sul Foglio, nella comunicazione inviata dal ministero dell’Agricoltura al ministero delle Imprese e del Made in Italy si richiede, in effetti, “il ritiro della richiesta di notifica per un approfondimento delle tematiche oggetto del ddl, alla luce della discussione parlamentare in corso e delle modifiche che il testo potrebbe subire”. Già. Perché così com’è, il testo sarebbe in contrasto con le norme comunitarie sulla concorrenza. Se poi la carne coltivata dovesse ricevere l’approvazione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il ddl italiano non potrebbe certo bloccare la libera circolazione dei beni e dei servizi in Europa. Al massimo, quindi, la legge tanto voluta da Coldiretti potrebbe avere l’effetto di bloccare la carne coltivata made in Italy. Alcuni punti critici sono emersi anche nel corso della stessa procedura Tris.

I punti critici già emersi durante la procedura Tris – Dopo la notifica dell’Italia sul ddl, come previsto, altri Stati membri e gli stakeholder coinvolti, hanno espresso il loro parere. E pare che alcuni Stati abbiamo manifestato in modo particolare la loro contrarietà. Tra questi l’Olanda dove, a luglio, il governo ha dato l’ok ai test sulla carne e sui frutti di mare coltivati in laboratorio. E dove si sta investendo molto in questo settore. Essere Animali e altre organizzazioni europee hanno invece espresso profonda preoccupazione per una decisione che rappresenta “un freno alla possibilità di sviluppare e commercializzare un prodotto che non proviene dagli allevamenti intensivi, non richiede l’uso di antibiotici e altri farmaci, né produce tonnellate di deiezioni estremamente inquinanti”. Il ddl, inoltre, prevede restrizioni all’utilizzo di denominazioni molto comuni per i prodotti a base vegetale. “L’Unione europea ha già bocciato da tempo le proposte che prevedono restrizioni sulle denominazioni delle alternative vegetali alla carne e si è impegnata a finanziare la ricerca sulla carne coltivata tramite il progetto Horizon Europe” ha commentato Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali.

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