Settanta sospensioni per aver occupato la propria scuola contro l’inceneritore e il biocidio che interessa la cosiddetta area della “Terra dei fuochi”. È successo al liceo “Alfonso Maria de’ Liguori” di Acerra dove il dirigente Giovanni La Montagna, il 27 gennaio scorso, ha firmato decine e decine di provvedimenti disciplinari nei confronti dei ragazzi che “hanno rivestito un ruolo di promotore dell’azione dell’occupazione” o semplice “occupante”.

Una decisione, quella del preside (che contattato da ilfattoquotidiano.it non ha voluto rilasciare dichiarazioni e spiegare quanto accaduto), che è stata presa con l’assenso dei Consigli di classe. Nella missiva ricevuta dai ragazzi da parte del liceo, i docenti sostengono la scelta di La Montagna spiegando che “l’alunno per sua stessa ammissione ha rivestito un ruolo di promotore”, mettendo in atto l’occupazione “in modo imprevedibile, nonostante gli immediati e reiterati inviti del dirigente scolastico, del collegio docenti, del consiglio di classe, di alcuni genitori e successivamente delle forze dell’ordine dal recedere dal compiere azioni illegali e in ogni caso contro le regole dell’ordinamento scolastico provocando il mancato esercizio del diritto allo studio degli altri alunni, compresi i diversamente abili”.

Motivo per cui, il preside ha sospeso per tutta questa settimana (cinque giorni ai promotori, tre ai semplici occupanti) i ragazzi con obbligo di frequenza per tutte le attività scolastiche. Un’ondata di lettere che non ha sorpreso gli studenti del collettivo “De’ Liguori” che l’8 gennaio scorso avevano preso in mano il loro istituto contro “l’assurdo silenzio che aleggia attorno all’impianto che avvelena la nostra città”, citano in un comunicato diffuso in queste ore.

A parlare con ilfattoquotidiano.it è proprio uno di loro che chiede di restare anonimo per il timore di ritorsioni: “Intanto va detto che la nostra azione è stata persino chiusa anticipatamente proprio perché c’erano state delle infiltrazioni esterne atte a creare caos nella scuola. Il 15 di gennaio siamo rientrati in classe. In quei giorni abbiamo organizzato incontri con esperti, con testimoni per affrontare con serietà il tema del biocidio. Avevamo invitato anche il preside a partecipare e a venire a vedere con i suoi occhi come stavamo gestendo il tutto ma non si è mai fatto vivo. Il dialogo più volte vantato nei nostri confronti nei fatti è stata una porta chiusa”.

Non solo. A detta dei ragazzi in queste settimane il clima a scuola era avvelenato nei confronti di coloro che avevano occupato: “Ci siamo sentiti – spiega lo studente – minacciati anche dai professori. Il tutto è culminato in questo gravissimo attacco della dirigenza la stessa che ipocritamente a volte scende in piazza con noi salvo poi reprimerci, come ha fatto questa volta, cercando di ridimensionare la nostra mobilitazione all’iniziativa solo a settanta studenti”. Sui numeri, infatti, si gioca il caso delle sospensioni. Secondo il comunicato diffuso dagli studenti più di 500 ragazzi avrebbero partecipato all’occupazione mentre il dirigente ne ha puniti solo settanta: “Quelli di cui – dice il ragazzo – ci sono le prove fotografiche o altro ma noi non abbiamo nulla da nascondere. Io stesso ho ammesso di aver partecipato. Tre dei nostri quattro rappresentanti d’istituto erano con noi”.

A farsi sentire sono tutti i ragazzi del collettivo che nel loro comunicato puntano il dito anche contro il discrimine messo in atto: “Il problema non sono solo le sospensioni, ma come sono state applicate. Come sono stati individuati i promotori dell’occupazione? Come mai la dirigenza afferma che ‘alcuni studenti hanno ammesso di aver promosso l’azione’, nonostante questo non sia mai successo? Vi diciamo noi la verità! Il nostro è stato un gesto corale, appoggiato e promosso da tutti. Insieme abbiamo abbracciato la causa con coraggio e responsabilità. A differenza di quanto si dice sul nostro conto, noi non ce ne siamo lavati le mani, e non inizieremo di certo ora a farlo. Il gravissimo attacco del preside si smentisce da solo: la partecipazione di più di 500 studenti sottolinea la dimensione collettiva del gesto, che smaschera anche il goffo tentativo di ridurre la nostra mobilitazione a settanta studenti. Lo diciamo a preside e professori ci state tradendo e ne risponderete alla nostra Terra”. Inutile avere un commento di La Montagna: “Non intendo parlare, l’ho già fatto con i genitori”. Parole anche queste smentite dagli studenti: “Ha convocato solo i genitori dei rappresentanti d’istituto”.

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