“Le nostre scuole sono le vere custodi della memoria”. E’ il pensiero degli studiosi e di coloro che hanno scritto sull’Olocausto. La questione più volte sollevata dalla senatrice Liliana Segre – il suo timore che “anche la Shoah rischia di essere dimenticata” – viene affrontata in chiave più ottimista da scrittori come Anna Lavatelli e Nicoletta Bortolotti che girano le scuole di tutt’Italia così come Roberto Jarach, il presidente del Memoriale della Shoah di Milano dove dal 2013 ad oggi sono passati più di 300mila ragazzi e bambini. Maestri e professori come vero antidoto all’antisemitismo. “Quanto evocato da Liliana Segre è più che comprensibile dal momento che esistono ancora dei negazionisti ma sono ottimista – dice Jarach – Se solo lo scorso anno al cosiddetto Binario 21 sono passati più di 62.500 studenti posso ben sperare che con la scuola stiamo creando una generazione che potrà continuare il lavoro di Liliana non come testimone ma come difesa dall’oblio”.

L’ex presidente della comunità ebraica di Milano ha un osservatorio privilegiato da dove ogni giorno, soprattutto in questo mese, passano centinaia di scolaresche che si fermano a osservare i vagoni sui quali decine e decine di ebrei vennero deportati nei campi di sterminio e di concentramento: “Le nostre guide ci dicono che i giovani che incontriamo arrivano da noi preparati, consapevoli. La visita al Memoriale fa parte di un percorso, non è quasi mai un evento a sé stante. Per noi resta importante lavorare sui sentimenti che li portino a ragionare sul futuro. Trasmettiamo memoria formativa cercando di offrire principi che siano fondamenta di una società civile ispirata alla democrazia”.

Al civico tre di via Ferrante Aporti, dove anche la senatrice a vita Segre fu portata nella notte dal carcere di San Vittore per quella terribile destinazione, c’è anche una biblioteca dove ogni giorno si fermano a studiare decine di studenti. Segno di una palese attenzione: “Dopo essere stati al Memoriale – spiega il presidente – di fronte a chi afferma che i campi di sterminio non sono esistiti quantomeno sorgono dei dubbi”.

Una visione condivisa da Anna Lavatelli che ha scritto Il violino di Auschwitz (Interlinea edizioni) ed Erano tutti figli miei (Notes), un testo quest’ultimo che narra la storia di Giuseppina Gusmano, la domestica della comunità israelitica, non ebrea che si offre generosamente di ospitare i bambini nella sua povera casa: “Su altre tematiche può accadere di incontrare classi che non sono preparate ma su questo argomento è praticamente impossibile. Bisogna mettere in atto una memoria non passiva. Un esempio? Sono stata recentemente in una scuola dove i bambini che frequentavano un corso musicale, hanno suonato dei pezzi legati alla storia. Dobbiamo raccontare ai nostri ragazzi di quegli eroi come Giuseppina; è importante sapere che nella nostra società, anche nei momenti più bui, ci sono state queste persone che avevano il sentimento della giustizia, dell’uguaglianza”. Chi mette piede nelle aule è positivo. Nicoletta Bortolotti, autrice tra gli altri di La bugia che salvò il mondo (Edizioni EL) ha parole di elogio per l’istruzione: “Le scuole in questa società liquida dove la memoria sembra inflazionata e diventa oblio sono l’ultimo baluardo. Incontro insegnanti sensibili, ragazzi sempre molto coinvolti, mai annoiati. I nostri giovani sono vaccinati contro l’indifferenza. C’è una rete invisibile da Nord a Sud, dalle città ai paesi, che ha uno sguardo attento verso la Shoah”.

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