Si chiama Alfredo De Renzis, 71 anni, di Carovilli in provincia di Isernia. Rappresenta una speranza a livello globale per la lotta al melanoma. È infatti il paziente che dà il via in Italia all’ultima fase di test del vaccino a mRNA contro il melanoma di Moderna. A lui è stata somministrata una dose che potrebbe essere tanto del vaccino, quanto di placebo – viste le regole della sperimentazione a doppio cieco – nell’ambito del più ampio quadro delle somministrazioni per i test portati avanti dalla casa farmaceutica.

“Ho accettato subito. Mi sembrava doveroso per il mio ruolo di medico, per dare un contributo alla ricerca, ma anche perché confido in questa cura” ha dichiarato De Renzis che è seguito dall’oncologo Paolo Ascierto, direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli.

“Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati di quest’ultima fase dello studio clinico, la fase III”, spiega Ascierto, che prosegue: “La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili. Ed è per questo che oggi è un grande giorno”. Ad oggi ci sono ben 70 farmaci immunoterapici allo studio, sia in fase preclinica (su sperimentazioni non umane) che in fase clinica, e solo in Italia si contano circa 200 studi clinici in corso, di cui 51 con arruolamento attivo, che rappresentano a tutti gli effetti una nuova opportunità terapeutica per i pazienti. Dopo Alfredo De Renzis, il Pascale ha screenato altri 18 pazienti, candidati al vaccino.

Nel frattempo, si stima che nel mondo ci siano oltre 40 vaccini anti-cancro a mRNA allo studio, mentre continuano ad aumentare le nuove indicazioni per farmaci immunoterapici già in uso. “Il vaccino, prodotto da Moderna – continua Ascierto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid, cioè utilizzando mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore”.

Si tratta in realtà di un vaccino molto particolare perché è del tutto personalizzato: nasce infatti dal parti del tumore di ciascun paziente prelevate e sulla base delle quali poi si “programma” il vaccino stesso. “Siamo onorati – commenta il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi – che il Pascale sia il primo centro in Italia a partecipare alla sperimentazione del primo vaccino a mRNA contro il cancro. Si apre una frontiera completamente nuova, e siamo orgogliosi di esserne protagonisti”.

Gianmarco Pondrano Altavilla

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