Per acquistare un’auto elettrica si spende di più rispetto a una termica, ma guidarla costa meno. Soprattutto in Portogallo, dove la differenza è addirittura di 17 cent al chilometro. Lo rivela l’analisi della ALD Automotive e della LeasePlan, che hanno elaborato i dati raccolti dalla flotta di auto gestita: a livello planetario (44 paesi) è di 3,4 milioni di esemplari (4,5 e 61 nazioni considerando anche le alleanze). I dati sui costi di gestione contenuti nella Mobility Guide riguardano 15 paesi europei e quindi un numero inferiore di macchine, comunque significativo considerando che nella sola Germania sono 340.000.

Il Lussemburgo è lo stato del Vecchio Continente in cui mettersi al volante di un’auto, elettrica o termica che sia, costa meno: fra 0,25 (zero emissioni) e 0,28 euro/km. In Spagna la situazione è diversa, ma non di molto: 0,29 e 0,30. Il Portogallo è, invece, quello in cui la spesa chilometrica per i veicoli termici è la più alta in assoluto, 0,53 euro/km, anche più che in Svizzera (0,52) e in Finlandia (0,50). In cambio, gli automobilisti lusitani che guidano una macchina a batteria sono quelli che beneficiano dal maggior ribasso dei costi: con 0,36 euro/km la differenza è, appunto, di 17 cent.

L’Italia è fra quei paesi in cui la forbice è limitata a un centesimo al chilometro, sempre a favore delle auto elettriche: 0,39 contro 0,4 euro. Differenze di qualche cent sono state contabilizzate in Austria e Belgio (5), Francia e Svizzera (4). Solo nel Regno Unito e nei Paesi Bassi la spesa è identica, almeno stando all’analisi delle aziende del gruppo Ayvens: 0,33 e 0,42 euro/km.

Assieme ad altri sei paesi europei e a Giappone e Thailandia, l’Italia è stata inserita dagli estensori dello studio fra quelli “in via di transizione”, ossia in cui la strada verso l’elettrificazione ha riscosso un “interesse concreto”, ma la cui conversione è prevista solo nel medio termine.

Fra le nazioni virtuose (indicate come “sviluppate” nella Mobility Guide 2023) compaiono 11 paesi europei (la Cina non c’è perché le società che hanno curato la ricerca vi operano solo attraverso delle alleanze) con un minimo di 60 punti, come Regno Unito, Danimarca, Germania, Lussemburgo e Francia. A quota 81 su 100 distribuiti in base a 6 diversi parametri, la Norvegia è largamente in testa: sia come offerta di alimentazioni ecologiche sia come “rilevanza sostenibile” (presenza di carbonio nella rete) ha la miglior valutazione possibile. Quella “peggiore” (che è comunque la seconda in assoluto dietro solo ai Paesi Bassi) riguarda l’infrastruttura di ricarica (14 su 20). La seconda nazione è l’Austria, che pur avendo guadagnato 2 punti rispetto al 2022, si ferma a 69.

Nel secondo gruppo, quello dell’Italia (fra 40 e 60), il Portogallo è vicino al salto a quota 57 grazie anche ai 15 punti (il massimo) del calcolo sui benefici sui costi di gestione di chi guida un’elettrica. La Svizzera arriva a 54, penalizzata dalla voce relativa a “tasse e normative” (5 su 20). L’Italia ha 48 punti: 9 su 25 per l’adozione di veicoli elettrici (la penetrazione supera di poco il 4%, seppur in aumento del 35%), 10 su 20 per l’infrastruttura di ricarica, 9 su 20 per imposte e leggi, 11 su 15 per la disponibilità di motorizzazioni green, appena 1 su 5 per il dato sulla presenza di carbonio in rete e 8 su 15 per le convenienza dei costi di gestione. Il Belpaese può consolarsi con il fatto che il Giappone ha gli stessi punti, anche se lo scorso ne ha guadagnati 5 rispetto ai 3 dell’Italia.