“All’inizio sembrava uno scherzo. Molti dei miei amici, e anche la mia famiglia, non potevano credere a questa mia scelta. Poi hanno capito la mia determinazione”. Simone Michitti ha 32 anni ed è originario di Macerata. Da un anno vive e lavora come infermiere a Leirvik, piccola cittadina da poco più di diecimila abitanti nel profondo sud della Norvegia. “In Italia ero stanco di lavorare a ritmi frenetici, senza una retribuzione gratificante e spesso con turni massacranti”.

Simone, dopo la laurea in scienze infermieristiche a Macerata, ha iniziato a lavorare in diverse cliniche, prima di tentare il concorso all’ospedale Rizzoli di Bologna. Dal 2020 al 2022 è infermiere in ospedali e reparti Covid tra Bologna e provincia. “Ho ricoperto incarichi folli – ricorda al Fatto.it –. In alcuni casi si contavano due infermieri a turno per 80 pazienti. Il lavoro era impegnativo e faticoso: spesso era impensabile anche solo sedersi per cinque minuti. Il tutto per 1.600 euro netti”. A Bologna Simone conosce la sua attuale compagna, Paola. Tra “ritmi di lavoro altissimi, mancanza di personale, continue emergenze”, i due decidono di guardarsi intorno e tentare un’esperienza all’estero insieme, valutando tra Australia, Spagna, Svizzera. “Insomma, ci siamo detti siamo giovani, preparati, perché no?”.

Per uno scherzo del destino, quando già Simone e Paola avevano accettato l’offerta dell’agenzia di lavoro per un posto da infermiere in Norvegia è arrivata la chiamata dal Rizzoli. “Avevamo finalmente un posto pubblico a tempo indeterminato”. Ma ormai il passo era stato fatto e la voglia di partire “era tantissima”.

Dopo un corso di lingua norvegese durato quasi un anno, portato avanti in parallelo al lavoro in Italia, nel marzo 2023 Simone e Paola si trasferiscono nella Norvegia centrale, a Trondheim, cinque ore e mezza di volo di distanza dall’Italia, per un primo periodo di prova. A parte l’impatto iniziale con il freddo, una volta capito come adattarsi è stato tutto “bellissimo”, ricorda Simone. Anche l’accoglienza è stata “ottima”, quasi “fuori dall’ordinario”. I norvegesi sono “molto curiosi” verso le nuove persone, “specie per chi viene dall’Italia”, aggiunge.

Al lavoro c’è molto più personale e gli stipendi sono quasi raddoppiati. In Norvegia c’è un sistema “meritocratico”, continua Simone: “Un neolaureato può guadagnare 3.000 euro al mese (anche 3.500 lavorando con i turni notturni), una somma che in Italia non ho mai visto, neppure quando ho lavorato al massimo possibile, facendo turni massacranti”. L’organizzazione è ottima (“a volte si fanno riunioni solo per capire come gestire al meglio un singolo paziente”), la collaborazione tra colleghi è altissima, l’ambiente è multiculturale: “Ho lavorato con norvegesi, tedeschi, spagnoli, thailandesi, africani, iraniani, e con ognuno di loro sono riuscito a creare un bel legame”.

Il costo della vita in Norvegia è medio alto, spiega l’infermiere italiano. Ma “tutto dipende dallo stile di vita”, precisa. I beni alimentari costano “più o meno come in Italia”. Sono i servizi terziari a costare caro: può capitare di andare a cena e spendere 40 euro in un pub o 60 in un ristorante. Gli affitti sono mediamente alti, anche se “io e la mia compagna non paghiamo né quello né le bollette: l’agenzia si occupa di tutto senza chiederci un soldo”. La cosa che costa di più in Norvegia “direi sia l’alcol”. Per il resto “non ci sono grandi differenze di prezzo”.

A Leirvik Simone vive in un appartamento a 10 minuti di distanza, a piedi, dalla struttura in cui lavora come infermiere. La sveglia suona alle 6.20 per essere al lavoro alle 7. Di norma si finisce alle 15. “Dopo il lavoro faccio palestra o sauna con amici; in alternativa piscina, bowling, una birra con i colleghi. Quando lavoriamo il pomeriggio iniziamo alle 14:45, quindi la mattina possiamo anche azzardarci a qualche trekking” (di cui Simone è grande appassionato). Questo d’inverno. D’estate si ha più tempo per stare in mezzo alla natura o andare al mare. “A giugno ci sono stati spesso 25 gradi e sole: eravamo sempre in giro per trekking o al mare dopo lavoro”. In Italia, quando “ero di turno a Bologna, spesso ero molto stanco e non avevo voglia di fare le cose”, ricorda.

Il sogno più grande di Simone è sempre stato quello di girare il mondo. E in Norvegia, ha la possibilità di farlo, perché lo stipendio è elevato e c’è parecchio tempo libero: “Abbiamo cinque settimane di ferie l’anno, e dopo otto mesi di lavoro possiamo chiedere dieci giorni di ferie ulteriori”.

E l’Italia? Rimane nel cuore, come sempre, insieme agli amici e alla famiglia, che sente tutti i giorni. Il contratto di lavoro da infermiere dura due anni. Il primo è passato. “La nostra è la storia di due ragazzi che decidono di trasferirsi qui per lavorare e visitare la Norvegia, avendo i soldi a disposizione. Il nostro – spiega – non è mai stato da intendersi un progetto a lungo termine, anche se potrebbe sicuramente esserlo per ogni persona che si trasferisce qui”. L’obiettivo, nei prossimi anni, per Simone e Paola, è quello di tornare in Italia, comprare una casa, avere una famiglia. E il tempo passato in Norvegia può aiutarli molto in questo. “Dico sempre che i soldi aiutano tantissimo nella vita, lo sto sperimentando sulla mia pelle. Ma – conclude – non farei mai crescere i miei futuri figli lontani dai nonni”.

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