La rottura sulle candidature alle Regionali, certo, ma pure i leader in campo alle Europee e le divergenze sul Pandorogate di Chiara Ferragni. E perfino un paragone con Silvio Berlusconi, che nel suo ruolo di federatore del centrodestra “non pretendeva tutto”. L’appuntamento con le elezioni per rinnovare il Parlamento europeo alza la tensione tra Fratelli d’Italia e Lega, complice la contemporaneità con il rinnovo di diversi Consigli regionali, due dei quali – Sardegna e Umbria – in mano al Carroccio. E in vista di un risultato alle Europee che, stando ai sondaggi, sarà una fotocopia delle ultime Politiche, Matteo Salvini sembra aver dato un ordine ai suoi: difendere a tutti i costi le ricandidature dei presidenti uscenti, così da intestarsi la probabile vittoria nella tornata di amministrative.

Quando mancano sei mesi esatti alle urne, la guerra di posizione interna al centrodestra aumenta d’intensità. La bagarre più visibile al momento è quella legata alla ricandidatura di Christian Solinas in Sardegna che Fdi sta cercando di impallinare. Lo scontro è aperto, alla luce del sole, e per certi versi brutale. Il partito di Giorgia Meloni ha lanciato la candidatura del sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, e la sta difendendo anche da Roma. “Il nostro candidato resta lui”, ha avvisato il ministro Francesco Lollobrigida nonostante la Lega sia ormai a un passo da uno strappo che inevitabilmente aumenterebbe la tensione anche nelle stanze del governo.

“Spero si arrivi all’unità del centrodestra, che è un valore. Serve buon senso e serve un passo indietro su Truzzu, non capisco che logica ci sia nel proporre un candidato alternativo”, era stata la richiesta recapitata dal Caroccio per bocca del vice-segretario Andrea Crippa. “La squadra che vince non si cambia. Non capiamo il motivo per cui il partito di maggioranza relativa abbia presentato un candidato alternativo in Sardegna quando ha amministrato nella giunta di centrodestra per cinque anni senza mai sollevare una problematicità”, ha quindi ricordato. Quindi il primo pizzino a Giorgia Meloni: “Se non ci sono motivi politici non capisco che logica ci sia nel proporre un candidato alternativo, è uno strappo”.

L’agitazione non serpeggia, ma è ormai palese. La Lega ne fa una questione di metodo: “Il partito che in questo momento è più forte deve avere l’ambizione e il coraggio di esprimere i propri uomini migliori nelle regioni dove governano gli altri, cioè il centrosinistra”, accusa Crippa. Arrivando a resuscitare il modus operandi che fu di Berlusconi quando guidava la coalizione: “Da presidente del Consiglio non diceva ‘No, la Lega non deve avere niente perché io sono il primo partito e devo avere tutto'”. Bordate pesanti, che gonfiano le distanze tra i due leader dei principali partiti della coalizione.

Negli ultimi giorni Salvini ha marcato più volte le distanze da Meloni evitando accuratamente temi politici caldi. Ma le divergenze non sono passate inosservate. Tanto per iniziare, il ministro delle Infrastrutture ha annunciato che il suo nome non sarà nelle liste della Lega alle Europee. Un no netto, a differenza dei propositi sussurrati dalla premier ai suoi negli scorsi mesi e ribaditi in sostanza durante la conferenza stampa di inizio anno. Sempre in quella occasione, Meloni aveva preso una posizione netta contro Chiara Ferragni, un bis dopo l’attacco sferrato a metà dicembre nelle ore successive alla maxi-multa dell’Antitrust per il caso del pandoro Balocco. E così, molto a sorpresa vista la distanza siderale su cento e più temi, Salvini è intervenuto sul caos mediatico attorno all’imprenditrice digitale dicendosi “sorpreso dall’accanimento” nei suoi confronti.

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