Una campagna vaccinale più debole degli anni passati, e che secondo infettivologi e medici ospedalieri sta contribuendo al sovraffollamento dei pronto soccorso e aumenta il rischio che un malanno stagionale come l’influenza produca casi gravi e perfino mortali. Negli ultimi giorni all’ospedale San Bortolo di Vicenza due persone sono morte per l’influenza di tipo A H1N1. Il primo caso di decesso era avvenuto domenica, un paziente di 55 anni, mentre lunedì è stato il turno di un 47enne cui il virus aveva provocato gravi danni respiratori. Entrambi, si fa notare, non avevano fatto il richiamo vaccinale e soffrivano di patologie pregresse. Nella struttura sanitaria altre tre persone si trovano in terapia intensiva per lo stesso motivo.

I decessi hanno fatto scattare l’allarme, anche se i decessi e le malattie gravi rientrano nella casistica dell’influenza comune. La direzione Sanità della Regione Veneto ha chiarito che il virus dell’H1N1 (o H1N1 pdm09, Pandemic disease Mexico 2009), battezzato come “influenza suina” nel 2009 perché inizialmente individuato tra gli animali, oggi corrisponde all’ordinaria influenza di tipo A. Come ha scritto in una nota la dirigente Francesca Russo: “Si tratta del virus influenzale che circola in modo diffuso in tutte le stagioni influenzali dal 2009. Chiamarlo virus da ‘influenza suina’ è un retaggio mediatico che fa pensare a un virus non stagionale”. Mercoledì la Direzione prevenzione della Regione Veneto ha inviato un comunicato per tranquillizzare gli animi: “Per ora l’andamento risulta statisticamente sovrapponibile alle stagioni influenzali pre pandemiche. I dati finora disponibili non indicano situazioni di eccezionalità rispetto al passato. Ad esempio, a fronte dei 3 decessi sinora registrati in questa stagione 2023-2024, la stagione con la mortalità più bassa è stata quella del 2010 con 17 decessi, quella con il maggior numero di morti è stata il 2019 con 61”.

Per il direttore scientifico della società italiana della malattie infettive e tropicali Massimo Andreoni, i due decessi “ci ricordano quella che è la storia dell’influenza, che nel 95% dei casi non è una malattia grave dalle conseguenze letali ma c’è un percentuale della popolazione che invece rischia di più. Abbiamo detto sempre i fragili, gli anziani e gli immunodepressi, ma raramente può essere letale anche per i più giovani e sani”. Secondo l’infettivologo oggi l’80% dei casi di influenza registrati in Italia appartiene al ceppo H1N1, ma il problema è che “non abbiamo, purtroppo, vaccinato bene”.

Anche per Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive ospedale San Martino di Genova, il problema è che quest’anno si è vaccinato meno del solito. “L’influenza H1N1 è quella che ha circolato più frequentemente in Italia quest’anno. È una forma di influenza A che conosciamo bene e ogni anno ci sono dei decessi. Nulla di nuovo all’orizzonte, ma purtroppo abbiamo vaccinato poco quest’anno. La campagna vaccinale è stata disastrosa e questi sono i risultati, insieme ad una bassissima copertura per il Covid”.

Il vaccino anti-influenzale è efficace contro il virus che ha provocato i decessi di Vicenza, e serve a ridurre il rischio che la malattia si presenti in forme gravi. Per questo l’Azienda sanitaria locale ha lanciato un appello alla popolazione fragile di vaccinarsi quanto prima.

L’Istituto Superiore di Sanità mercoledì ha reso noto che in base ai dati inviati ad oggi dalle Regioni al sistema di sorveglianza RespVirNet, al momento l’incidenza delle sindromi simil influenzali in Italia è nella fascia di intensità Alta, ed è pari, secondo i dati dell’ultimo bollettino, a 17,5 casi per mille assistiti. A questa cifra, specifica la nota, concorrono però diversi virus respiratori, dall’influenza vera e propria al Covid al virus respiratorio sinciziale (Rsv). Tuttavia l’Iss tende a rassicurare e sottolinea che non c’è un aumento anomalo di casi gravi: “Sebbene i livelli raggiunti nelle ultime settimane siano i più alti dall’inizio della sorveglianza la situazione complessivamente rientra nell’alternarsi di intensità annuale delle stagioni di trasmissione dei virus respiratori, e anche il periodo in cui si è verificato il picco non presenta anomalie, ed è anzi in linea con quanto riportato da altri paesi europei”.

I dati della campagna vaccinale anti-influenzale di quest’anno, monitorati dall’Istituto Superiore di Sanità, registrano un lieve calo rispetto alla stagione precedente. Nella fascia d’età interessata, quella degli over 65, la copertura vaccinale del 2023 è stata del 56,7%, mentre nella stagione 2021-2022 è stata del 58,1%, quasi 1,5 punti in più. Numeri comunque migliori delle stagioni vaccinali 2018-2019 e 2019-2020, cioè precedenti alla stagione della pandemia di Covid (dove la copertura era intorno al 54%). I dati per la stagione in corso saranno disponibili soltanto tra febbraio e marzo.

Per il Ministero della Salute il dato di copertura minimo per evitare conseguenze gravi nella diffusione dell’epidemia tra la popolazione dovrebbe essere del 75%, mentre l’asticella per la copertura ottimale è fissata al 95%. Siamo quindi lontani dall’obiettivo, ma la campagna è ancora in corso e c’è ancora tempo per proteggersi. Il dato di copertura della popolazione generale, che quindi comprende i giovani, è stabile al 20% da anni.

La Fondazione medici di famiglia (sono loro a distribuire i vaccini antinfluenzali) del Lazio sono in linea con gli anni passati. Per la Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi (Foce), invece, la campagna contro l’influenza è stata “fiacca e insufficiente”, e questo ha aggravato la pressione sugli ospedali. Nella pressione attuale sulle strutture ospedaliere di urgenza contano però anche l’impennata di casi Covid, di altri virus non influenzali (come quello da virus respiratorio sinciziale) e problemi strutturali e di personale denunciati dai sindacati ospedalieri.

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