Per i cacciatori è il libro dei sogni. A poco più di un anno dalle elezioni il centrodestra porterà in Parlamento la battaglia – trentennale – delle doppiette: a breve, in Senato, inizierà l’assalto alla legge sulla caccia (157/92). Come? Attraverso il disegno di legge a prima firma di Bartolomeo Amidei di Fratelli d’Italia. Una notizia che ha fatto esultare il mondo venatorio (dopo il caso del piombo nelle munizioni). I punti principali della proposta del partito di Giorgia Meloni, composta da 17 articoli: carabine in mano ai sedicenni (per svecchiare l’età dei praticanti; servirà?), depotenziare l’Ispra facendolo passare sotto l’ala della Presidenza del Consiglio dei ministri, catturare a fini di richiamo qualsiasi specie, allungare la stagione venatoria.

Il testo di Amidei è stato depositato questa estate in commissione Industria, Commercio e Agricoltura di Palazzo Madama. Ma nei giorni scorsi c’è stata un’accelerazione. Lo scorso 1 dicembre, a un convegno a Livorno, l’europarlamentare (e cacciatore) di FdI, Sergio Berlato, aveva sollecitato il sottosegretario Patrizio La Pietra a mettere mano alla 157; e questi aveva risposto affermativamente. Ed ecco che la promessa, nel giro di un mese, è stata mantenuta: mentre in tutta Italia il Tar accoglie i ricorsi delle associazioni ambientaliste per ridurre la stagione venatoria (è successo in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), a Palazzo Madama arriverà il disegno di legge che chiede, tra le altre cose, di estendere il calendario venatorio. Tradotto: consentire di sparare per un arco temporale più lungo di quello consentito ora per ragioni ecologiche.

Nello specifico, il quinto articolo consente “l’attività venatoria ai soggetti che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età purché presentino, assieme alla richiesta di autorizzazione alla pratica dell’attività venatoria, anche il consenso scritto di coloro che esercitano sul minore la responsabilità genitoriale”. L’articolo 1, inoltre, vorrebbe sancire “il diritto delle regioni di dotarsi degli Istituti regionali per la fauna selvatica, coordinati nella loro attività dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)” e consentire “la possibilità di catturare e di detenere per l’utilizzo a fini di richiamo tutte le specie cacciabili e non solo le dieci (poi ridotte a sette) previste dalla legge”. L’articolo 3, inoltre, riporterebbe “l’Ispra sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre l’attuale normativa lo colloca sotto la vigilanza del ministero dell’Ambiente”. Ancora, l’articolo 4, “nel ribadire che la percentuale di territorio agro-silvo-pastorale da precludere all’attività venatoria non deve superare il 30 per cento (20 per cento in zona Alpi)”, obbligherebbe “lo Stato e le regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, tramite intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, a riperimetrare le aree protette e riportarle alla percentuale prevista dalla legge, inserendo le aree demaniali nella programmazione faunistico venatoria”.

E non solo. L’articolo 10 inserirebbe “il concetto di caccia per periodi e per specie, come avviene in tutta Europa, prevedendo un arco temporale massimo che va dalla prima decade di settembre alla terza decade di febbraio (oggi va dalla terza domenica di settembre a metà-fine gennaio, a seconda della specie cacciata, ndr). L’apertura per alcune specie può essere anticipata dalle regioni alla terza decade di agosto”. Verrebbero inserite poi “alcune specie (come le oche ed il piccione selvatico) nell’elenco delle specie cacciabili dal momento che la loro cacciabilità nel nostro Paese è esplicitamente consentita dall’Unione europea”.

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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