Picchi di 16 gradi centigradi sopra i 1.300 metri di quota in Piemonte (Bardonecchia), tra i 15 e i 13 gradi nelle località turistiche – e sciistiche – del Trentino (Pinzolo, Cavalese, Lavarone). Le aree in cui si è scesi sotto lo zero si contano a fatica. Intanto, zero precipitazioni, neve assente e più giù, verso valle e le città, temperature sopra i 20 gradi. Il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato a livello globale, e il mese di dicembre, in Italia, ce lo ha ricordato ogni giorno. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. E con “tutti” si intende anche chi, in genere, guarda con diffidenza alle politiche di mitigazione del clima: la Coldiretti. In un recente report l’associazione degli agricoltori ha manifestato la propria forte preoccupazione. Il motivo? Senza neve in quota – e dunque acqua – le coltivazioni in pianura sono a rischio. “La scarsità di neve in diversi settori dell’arco alpino e su gran parte della dorsale appenninica fanno scattare un campanello d’allarme” hanno scritto.

Le precipitazioni di fine novembre avevano fatto ben sperare (le nevicate più abbondanti si sono verificate sulle Alpi occidentali) ma dicembre – e un inverno più simile alla primavera – ha portato siccità, ondate di caldo (al posto delle neve, in montagna, è piovuto) e forti venti. Il risultato? Persino i cannoni sparaneve, in tutta Italia, si sono fermati (hanno bisogno di una temperatura vicina allo zero per entrare in funzione). E così – ancorché albergatori e gestori delle stazioni sciistiche parlino di “tutto esaurito” nei periodi dell’Immacolata e di Natale – lo scenario a cui si assiste è lo stesso che, purtroppo, si sta ripetendo con frequenza negli ultimi anni: una striscia di neve (artificiale) in mezzo a prati brulli e secchi.

Da Nord a Sud i comprensori hanno aperto, sì – il 90% delle piste italiane dispone dell’innevamento programmato – ma a singhiozzo. Se si prende il Friuli-Venezia Giulia, per esempio, si nota come buona parte delle piste resti chiusa per mancanza di neve (naturale, perché non ci sono state precipitazioni; e artificiale, perché ha fatto troppo caldo): a Forni di Sopra sette tracciati su 14 restano chiusi; a Tarvisio ben otto su 13. In Lombardia, nella Bergamasca, Piazzatorre è al palo, stessa sorte per Cerreto Laghi, sull’Appennino tosco-emiliano. Non va meglio a Maniva, in provincia di Brescia, dove i gestori hanno potuto aprire solo il campo scuola e la pista destinata a bob e slittini.

Il Piemonte ha registrato “il giorno di dicembre più caldo dell’intera serie storica dal 1958”, secondo l’Arpa: 105 termometri della rete (pari a quasi il 30% del totale) hanno stabilito il primato di temperatura massima dal momento della loro installazione, con 20-25 gradi in pianura e più di 15 in montagna. Ma non è che nei giorni successivi sia andata molto meglio: a Natale, a Sestriere, c’erano quasi 10 gradi (a 2mila metri di altitudine). Le colonnine di mercurio hanno fatto segnare mediamente ben 9 gradi al si sopra della norma del periodo. Cosa ci aspetta nei prossimi giorni? Secondo gli esperti, tra domenica (31 dicembre) e lunedì (1 gennaio) ci sarà un’inversione di tendenza su tutta la Penisola: le temperature si abbasseranno e le nubi copriranno l’Italia. Ancora poche precipitazioni.

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