Cambiano gli orari per le visite fiscali per i dipendenti del servizio pubblico. Ieri 22 dicembre una nota dell’Inps ha infatti modificato le fasce di reperibilità per le visite fiscali: le visite mediche di controllo domiciliare per i lavoratori pubblici si svolgeranno nelle fasce orarie dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di tutti i giorni, compresi domeniche e festivi, le stesse fasce orarie già garantite dai lavoratori del settore privato. Il 3 novembre 2023, infatti, una sentenza del TAR Lazio ha imposto all’amministrazione l’armonizzazione delle fasce orarie tra settore pubblico e privato. Il decreto precedente, annullato dalla sentenza di novembre, era del 2017, e stabiliva per i dipendenti pubblici fasce orarie dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18, estese anche a giorni non lavorativi e festivi, quindi più ampie di quelle dei lavoratori del privato. Come spiegato dall’Inps, l’obiettivo era quindi quello di rendere equa la norma per i due settori: “Al fine di armonizzare la disciplina dei settori pubblico e privato, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le fasce orarie di reperibilità entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo e sono definite le modalità per lo svolgimento delle visite medesime e per l’accertamento, anche con cadenza sistematica e ripetitiva, delle assenze dal servizio per malattia”.

La sentenza del TAR del Lazio, nello specifico, ha annullato il Decreto Madia che regolava le fasce orarie di reperibilità per i dipendenti pubblici in malattia. Il Sindacato UIL Pubblica Amministrazione Penitenziaria e alcuni membri della Polizia penitenziaria, come riporta Orizzonte Scuola, avevano fatto ricorso, contestando la disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici e quelli del settore privato. Per i lavoratori privati, infatti, le fasce garantite erano già tra le ore 10 e le 12, e tra le ore 17 e le 19. Il sindacato aveva indicato tale differenza come una violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dagli articoli 3 e 97 della Costituzione. Il TAR ha riconosciuto la fondatezza del ricorso, osservando che il Decreto Madia non aveva raggiunto l’obiettivo di armonizzare le disposizioni tra i settori pubblico e privato. Il Collegio ha sottolineato che tale disparità di trattamento tra i due settori era “del tutto ingiustificata”.

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