Chaima Issa è una figura di spicco del Fronte di salvezza nazionale, coalizione dei gruppi di opposizione in Tunisia. Ha studiato Religioni comparate all’Università Zitouna di Tunisi. Ha scritto di genere, femminismo e religione. Il dissenso è nel dna della famiglia: suo padre era finito in carcere ai tempi di Zine El-Abidine Ben Ali, poi estromesso dalla rivoluzione del 2011. Quello di Chaima Issa è un caso emblematico della repressione delle autorità tunisine nei confronti degli oppositori, inaspritasi da quando nel luglio 2021 il presidente Kais Saied ha sospeso il parlamento, licenziato il primo ministro e assunto il controllo del paese.

Chaima Issa è stata tra le prime persone a opporsi pubblicamente a quello sviluppo.

Il 22 febbraio di quest’anno è stata arrestata dopo che, insieme ad altri esponenti dell’opposizione, aveva incontrato diplomatici stranieri per discutere della situazione politica in Tunisia. È stata scarcerata il 13 luglio, dopo oltre quattro mesi di detenzione arbitraria, ma non può viaggiare all’estero né “apparire in pubblico”.

Il 13 dicembre è arrivata la prima condanna, da parte di un tribunale militare: 12 mesi, con sospensione della pena, per “incitamento ai soldati a disobbedire agli ordini” (articolo 81 del codice di giustizia militare), “diffusione di notizie false” (articolo 24 del decreto legge 54 sui reati informatici) e “atto offensivo nei confronti del presidente” (articolo 67 del codice penale). Il tutto per i contenuti di un’intervista, durante la quale aveva criticato il ruolo dell’esercito nelle elezioni legislative del dicembre 2022.

Nel frattempo, proseguono le indagini per i “reati” commessi nell’incontro coi diplomatici stranieri: “cospirazione” e “tentativo di cambiare la natura dello stato”, per il quale ultimo, ai sensi della legge antiterrorismo, è prevista persino la pena di morte.

Qui l’appello di Amnesty International affinché vengano annullate tutte le accuse.

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