Bisogna “distinguere la pubblicazione delle intercettazioni dall’uso delle intercettazioni. Io sono contraria alla pubblicazione di singoli passaggi delle intercettazioni sui giornali perché se noi estrapoliamo da qualsiasi conversazione un passaggio siamo in grado di trasformare perfino la bibbia in un libro pornografico. Quindi stiamo attenti”. Così la senatrice leghista, Giulia Bongiorno, intervenendo dal palco di Atreju, la manifestazione della destra, sul tema delle intercettazioni.

“Se io estrapolo e pubblico un passaggio non è chiarezza, è degrado e distorsione – insiste – Poi tutt’altro è il discorso dell’uso delle intercettazioni. Io penso ci sia un uso spropositato e che questo non ci debba portare a chiudere i rubinetti perché è innegabile, sono state e sono indispensabile strumento investigativo. Io non dico ‘chiudiamo i rubinetti’, ma dico che purtroppo spesso quello che c’è scritto nel codice non trova applicazione”. Nel codice, spiega, “c’è scritto indispensabile” ma dipende “da come lo interpretiamo”.

“Se io indispensabile nell’ambito del chiaroscuro lo interpreto ‘quando mi fa comodo per ragioni investigative’, dall’uso passiamo all’abuso”. Secondo l’avvocata “a volte” si usano “troppo le intercettazioni” per “pigrizia investigativa” e questo fa “crollare i processi”. Per questo, conclude, “io auspico che si utilizzino i vecchi mezzi investigativi, il pedinamento, la perquisizione, l’interrogatorio…Ma io sono dell’idea che pensare di eliminare un pezzo di investigazioni essenziali sia da escludere”.

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