di Alessio Andreoli

Sono un pensionato che ancora, nonostante il forte aumento del costo della vita, riesce a condurre una vita dignitosa. Quando vado a fare la spesa, purtroppo più frequentemente rispetto a qualche anno fa, vedo altre persone anziane e anche giovani che al momento di pagare alle casse cercano nel portafoglio le monetine e le contano una ad una per arrivare a saldare il conto. Le stesse persone, in particolare le coppie, poco prima le ho sentite discutere tra loro davanti agli scaffali sulla possibilità o meno di potersi permettere un prodotto piuttosto che un altro, o addirittura a volte li sento progettare di non acquistare più in quel supermercato e recarsi in un vicino discount anche se, dal loro discutere, si evince chiaramente che sono ben consapevoli che nel discount, dove avrebbero deciso di recarsi, non troveranno le marche e i prodotti di loro gradimento.

Insomma è chiaro che questi miei concittadini hanno i soldi contati e non possono permettersi di sforare sul budget di spesa previsto. Per contro, quelle poche volte che decido di andare a cena fuori, se ritardo un po’ a prenotare la risposta dei gestori è sempre quella: “Mi spiace ma è già tutto prenotato”. Questi eventi, apparentemente in contraddizione tra loro, mi hanno fatto fare alcune riflessioni. Se volessi semplificare e fossi di destra-centro potrei dire che non esistono poveri e che l’Italia è comunque un paese ricco, oppure potrei dire anche esattamente il contrario: se fossi di sinistra direi che in Italia ci sono un sacco di poveri a cui nessuno pensa.

Sappiamo che in realtà la popolazione è composta da persone ricche che possono condurre uno stile di vita lussuoso, da una classe media che riesce a condurre una vita dignitosa e infine dai poveri che a loro volta si dividono in persone che devono fare molte rinunce e altri afflitti da povertà estrema. Questi ultimi non hanno nemmeno l’indispensabile. Siccome non sono né di destra né di sinistra e non ho una specifica fede politica, devo ascoltare i miei sentimenti, che mi portano a credere che il governo, qualunque esso sia, dovrebbe farsi carico di proteggere le classi più povere, proprio perché mi ritengo una persona civile che ancora crede nella giustizia sociale. Penso che qualsiasi comunità civile, per definirsi tale, ha il dovere di farsi carico di chi non ce la fa.

Come possiamo chiamarci nazione se abbiamo milioni di persone che vivono in povertà? Come possiamo essere orgogliosi della nostra identità nazionale se i nostri valori comuni non ci fanno preoccupare di chi vive in uno stato di povertà assoluta o se la sanità pubblica viene privatizzata favorendo solo chi ha i soldi per permettersi le cure? Come può crescere il mio senso di appartenenza se il mio governo vuole sprecare decine di miliardi per il ponte sullo stretto che non serve a nessuno? Come può crescere se il mio parlamento è popolato da condannati in via definitiva o parlamentari in odore di mafia? Come può crescere il mio senso di appartenenza quando ci sono evidenti segni di censura della libertà di stampa? Come posso sentirmi orgoglioso di essere italiano quando da gennaio ad agosto di quest’anno ci sono stati 500 morti sul lavoro o quando un governo vuole smantellare la nostra Costituzione? Quando i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri non mi sento rappresentato da nessun governo, perché a fare grande una Nazione non sono i cittadini con un forte senso di appartenenza o con una grande spirito di identità nazionale, ma sono i governi, perché sono i governi a prendere le decisioni che riguardano la collettività e che regolano anche il comportamento dei singoli.

La mia visione ideale del futuro è una società e un governo che non hanno la necessità del ponte sullo stretto di Messina o di deportare gli immigrati in Albania per accrescere il senso di appartenenza e l’identità nazionale. Perciò con forza grido: Viva l’Italia, viva la Repubblica e viva la democrazia!

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