Un aumento del 30% in 15 anni degli occupati a termine. Una crescita di 16,6 punti del tasso di part-time involontario, andato di pari passo con un calo delle ore lavorate. Nel complesso, un tasso di precarietà salito dal 13,1 al 15,7%. Sono i dati messi in fila dalle aree Politiche per lo sviluppo e Mercato del lavoro della Cgil nel rapporto “Reale stato dell’occupazione in Italia“, che confuta il trionfalismo del governo riguardo agli ultimi dati Istat sul mercato del lavoro. Non più confrontabili, peraltro, con quelli della nota Flash di Banca d’Italia, ministero del Lavoro e Anpal, che non viene più pubblicata da luglio. “Nonostante nel complesso aumenti (raggiungendo a ottobre 2023 i 23,7 milioni circa di occupati con un tasso del 61,8%) siamo sicuri che vada tutto bene?”, si chiede il sindacato.

La Confederazione rileva, l’“apparente buona notizia” del record di occupati, dati allarmanti. Innanzitutto, il tasso di occupazione italiano è ancora il più basso (61,6%) di tutta l’Unione Europea ed è nettamente inferiore rispetto a quello di Germania (77,5%), Francia (68,7%) e Spagna (65,8%). Quello di inattività (33,3%) resta invece il più alto dell’Eurozona. Inoltre, se rispetto a ottobre 2008 l’incremento complessivo è il frutto della crescita dei lavoratori dipendenti (+1,5 milioni) e della diminuzione degli indipendenti (-743mila), a salire è stata soprattutto l’occupazione dipendente di bassa qualità: aumentano enormemente gli occupati a termine (+30,2%, raggiungendo quota 3 milioni), in particolare stagionali, somministrati, tempi determinati, intermittenti e con contratti di prestazione occasionale. Il contributo complessivo alla crescita degli occupati è quindi dovuto per circa la metà all’aumento di quelli a termine: nell’arco degli ultimi 15 anni, il tasso di precarietà dipendente è aumentato dal 13,1 al 15,7% (+2,6 punti percentuali).

Il rapporto evidenzia anche la riduzione delle ore lavorate pro-occupato dipendente – 11 in meno a trimestre – e sottolinea come sia proprio il lavoro non standard, caratterizzato da forte discontinuità contrattuale e bassa intensità di lavoro, a incidere pesantemente sulle retribuzioni medie di oggi e sulle pensioni di domani.

Infine, si segnala come anche dal punto di vista demografico la questione occupazionale in Italia abbia assunto caratteristiche allarmanti. Alla crescita del tasso di occupazione infatti non ha contribuito solo l’aumento degli occupati, ma anche il contestuale e drastico calo della popolazione in età da lavoro (circa -1,7 milioni). Se la popolazione lavorativa fosse rimasta la stessa di ottobre 2008, il tasso di occupazione ad ottobre 2023 si sarebbe attestato al 59,1%, crescendo soltanto di 0,8 punti e rimanendo ancora sotto il 60%.

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