Una paladina antimafia prima con un’ammirazione (nel corso 2019) per il segretario leghista Matteo Salvini, oggi vice premier, poi per Giorgia Meloni, oggi presidente del Consiglio. Qualche selfie con Vittorio Sgarbi, un abbraccio con Leoluca Orlando. Tutto postato sui profili social. Da Palermo, dove aveva respinto le accuse di aver finto aggressioni per ottenere la scorta, era arrivata nel Lazio ed era diventata presidente dell’associazione “Laboratorio Una donna” e oggi Maricetta Tiritto, che denunciò l’attentato a don Coluccia, è stata arrestata nell’ambito dell’indagine su una struttura di cohousing ad Ardea (Roma) che, secondo i pm di Velletri, sarebbe stata una Rsa priva di autorizzazioni.

Le contestazioni, a vario titolo riguardano, cinque persone: omicidio con dolo eventuale, circonvenzione d’incapace, esercizio abusivo della professione medica, falso ideologico e materiale, aggravati dall’aver commesso il fatto per conseguirne il profitto. Per Tiritto e un’altra donna è stato disposto il carcere; il giudice per le indagini preliminari ha disposto per gli altri tre indagati: arresti domiciliari, obbligo di firma e l’interdizione per un anno dalla professione medica per un camice bianco. Nell’inchiesta è coinvolto anche il compagno della Tirrito. Inoltre è stato disposto, su richiesta della stessa Procura, il sequestro preventivo di circa 385mila euro.

Le indagini erano state avviate dal commissariato di Anzio/Nettuno dopo le segnalazioni di alcuni conoscenti di uno degli anziani che avevano denunciato alcune anomalie. Gli investigatori hanno ricostruito che gli anziani, con gravi patologie psico-fisiche, sarebbero stati convinti a effettuare disposizioni patrimoniali a loro vantaggio, con la sottoscrizione di carte prepagate su cui facevano confluire le rate delle pensioni. In un caso sarebbe stata falsamente certificata dal medico la capacità d’intendere di un ultraottantenne, affetto dal morbo di Parkinson avanzato e da demenza senile, per consentire che quest’ultimo firmasse una procura speciale per la gestione dei propri beni tra cui un immobile di pregio ad Anzio. L’anziano si sarebbe poi aggravato ma – secondo gli inquirenti – sarebbe stato “omesso di richiedere il ricovero” e l’uomo è poi deceduto. In un altro caso una anziana, che era stata dimessa dopo un intervento chirurgico, sarebbe stata di fatto abbandonata a sé stessa. Non le sarebbero stati dati i farmaci previsti dalla terapia né sostituite le medicazioni.

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