“Il premierato? Una riforma pericolosa, non soltanto pasticciata. Il sistema italiano sarebbe retto da una figura a cui nessuno potrebbe dire nulla, sostanzialmente un duce, con una maggioranza che avrebbe comunque il 55 per cento dei seggi parlamentari. Serve mobilitarsi subito per difendere la Carta dall’attacco della destra al governo“. A rivendicarlo Stefania Limiti, autrice con Sandra Bonsanti de “La pretesa del comando. Da Gelli alla destra di governo. Presidenzialismo e assalto alla Costituzione”, edito da Paper First, nel corso della presentazione a “Più Libri Più Liberi” 2023, insieme a Marco Lillo, direttore della casa editrice de Il Fatto Quotidiano, e al senatore M5s ed ex procuratore di Palermo, Roberto Scarpinato.
Mentre Giorgia Meloni insiste nel voler ripetere il mantra secondo cui il disegno di legge Casellati lascia “inalterata” la figura del presidente della Repubblica, nel frattempo però in audizione a palazzo Madama i costituzionalisti la smentiscono: “Vistosa riduzione e indebolimento del ruolo del capo dello Stato. Così ci giochiamo la figura più amata dagli italiani”. Il motivo? Le prerogative del presidente della Repubblica sarebbero mantenute solo formalmente, mentre di fatto verrebbe svuotato il suo ruolo più importante, quello di “arbitro” delle crisi di governo. Dall’altro lato, il presidente del Consiglio – eletto direttamente dal popolo – diventerebbe il vero dominus del sistema, potendo causare lo scioglimento automatico delle Camere con le proprie dimissioni (salva la possibilità del capo dello Stato di sostituirlo, per una sola volta, con un esponente della sua stessa maggioranza, che però si deve impegnare a portare avanti lo stesso programma). Un panorama che “confligge con gli standard del costituzionalismo democratico, basato sull’equilibrio e la separazione dei poteri“, ha riassunto Fulco Lanchester, professore emerito di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma. Mentre Francesco Clementi ha parlato pure di una riforma mette a rischio la stessa “unità nazionale, rappresentata dal capo dello Stato”.
Allarmi condivisi da Limiti: “È l’idea di un Paese con una guida che decide su tutto e tutti. Lo ripetono tutti i giorni: premierato, Autonomia differenziata e quella che chiamano come ‘riforma’ della giustizia. Sono le loro priorità. Con uno spezzettamento del Paese in venti Regioni, con ognuna che diventa uno staterello. Abbiamo già visto con la Sanità le conseguenze di questa frammentazione”, denuncia.
Certo, quello del ‘presidenzialismo‘, oggi reinterpretato nella versione meloniana del ‘premierato’, non è una novità per la destra italiana. Non a caso le autrici hanno voluto contestualizzare la questione nella nostra storia repubblicana, ricostruendo lo stesso significato di presidenzialismo – formula tecnico-giuridica tesa a rafforzare i poteri del governo, indebolendo quelli del Parlamento – alla luce delle esperienze politiche che lo hanno sostenuto, a oggi senza successo: da quelle golpiste e missine, la piccola pattuglia dei gollisti democristiani, la P2, la Grande Riforma craxiana e le nervose esternazioni di Francesco Cossiga, fino ai giorni più recenti con la pretesa delle grandi banche d’affari di “azzoppare” le costituzioni antifasciste. “La destra al potere fa quello che ha sempre fatto la destra, assaltare la Carta. Il Movimento sociale italiano ha sempre voluto sfasciare la Costituzione. Questo blocco della destra, che si è espresso negli anni anche con la forza stragista, non possiamo considerarlo sconfitto”, aggiunge Limiti.
“Il presidenzialismo diventa negli anni uno dei terreni strategici dove le forze più reazionarie del Paese, neofascisti, piduisti, servizi segreti, tentano di scardinare l’impianto antioligarchico e antiautoritario della Costituzione. Gli stessi soggetti che lottavano su un piano pubblico, dietro le quinte facevano le stragi. Pino Rauti fondò Ordine Nuovo, fucina culturale dalla quale usciranno tanti personaggi condannati in via definitiva per le stragi neofasciste. E chi sono oggi i sostenitori del presidenzialismo? Gli eredi di quelli di prima“, attacca Roberto Scarpinato. E continua: “Nel giorno in cui chiese la fiducia al Senato, chiesi a Giorgia Meloni come fa a conciliare la sua fedeltà alla Carta, con quella a Pino Rauti. Sono loro, sono i seguaci di Silvio Berlusconi, un piduista che non amava la Costituzione e la considerava superata, vecchia”.
Scarpinato rievoca così gli attacchi degli esponenti del governo alla magistratura e avverte: “L’assalto alla Carta passa anche per le ultime misure, come le pagelle per i magistrati, e la riforma della prescrizione, già contestata da tutti i presidenti delle Corti di appello? Io credo che dobbiamo vedere le riforme nel loro insieme. Vogliono riportare l’orologio della storia a quando il potere politico controllava quello giudiziario, come al tempo della monarchia, del fascismo. Tutta la legislazione di questo Parlamento è di stampo classista: guanti gialli per i colletti bianchi, abolizione di reati come abuso d’ufficio e traffico di influenze, limitazione dell’uso delle intercettazioni contro i reati degli stessi colletti bianchi, mentre plotone d’esecuzione per la gente comune. Insieme al premierato l’altra grande riforma che vogliono portare avanti è quella di sottoporre il pubblico ministero al controllo del potere esecutivo, abolire l’obbligatorietà dell’azione penale. Vogliono una giustizia tutta loro”.

Per questo, la stessa Limiti lancia un appello anche alle opposizioni: “Questo progetto del premierato corre veloce, questa maggioranza è compatta e ha i numeri in Parlamento. Serve che le forze contrarie in Aula si uniscano contro questo disegno, la speranza è che dopo le Europee possano riorganizzarsi e capire i rischi che stiamo correndo”.

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