Questa è una storia di sangue trafugato (in piccola quantità, peraltro), ma non è un romanzo di vampiri. Questa è la storia dell’accusa di peculato contestata all’amministratore delegato del colosso della diagnostica DiaSorin, Carlo Rosa, al loro direttore scientifico, Fabrizio Bonelli, e al professore Fausto Baldanti, direttore di Virologia del Policlinico San Matteo di Pavia. Così il pubblico ministero di Pavia, Paolo Mazza, ha sintetizzato in un atto giudiziario la sottrazione di due sacche, per un totale di 400 milligrammi di siero, dai laboratori dell’ospedale lombardo. Proveniva dal sangue di pazienti positivi e ricoverati all’inizio dell’emergenza Covid. Erano state stoccate per un progetto che prevedeva l’uso del siero e del plasma iperimmune dei guariti per curare i malati.

Quel siero sarebbe stato invece impiegato per un altro scopo: sviluppare e validare il test sierologico Diasorin per la ricerca di anticorpi neutralizzanti, frutto di un accordo tra la multinazionale della diagnostica e la Fondazione Irccs San Matteo. Un progetto seguito dal professor Baldanti. I test sierologici individuano la presenza di anticorpi nel sangue in caso di avvenuto contatto con il virus. Erano una delle poche “armi” a disposizione per mappare e contrastare la pandemia nelle sue prime, drammatiche, settimane, quando i tamponi erano rari e i vaccini erano lontani. Il sangue degli ex positivi sarebbe servito a DiaSorin per la verifica e la calibrazione dei reagenti. Il loro prodotto ebbe un enorme successo di mercato.

Il test DiaSorin, peraltro, era quello che la Regione Lombardia voleva imporre come l’unico approvato e distribuibile sul loro territorio, dopo aver bocciato come inattendibili i sierologici progettati e messi in commercio dai fornitori concorrenti. Con Baldanti che sedeva contemporaneamente a tre tavoli: responsabile scientifico del progetto San Matteo-Diasorin, membro del Gruppo di Lavoro del Consiglio Superiore di Sanità presso il ministero della Salute competente per la validazione dei test sierologici, membro del Tavolo tecnico scientifico della Regione Lombardia, col compito di fornire indicazioni omogenee nelle politiche diagnostiche di contrasto al virus. Si dimise dagli ultimi due incarichi con l’esplodere delle polemiche sul presunto conflitto d’interesse.

L’imputazione intorno al siero portato via dalle sacche dell’ospedale pavese verrà discussa il 14 dicembre in un’udienza preliminare davanti al Gup Pietro Balduzzi. E’ una vicenda residuale, rispetto ad altre inchieste e ad altre accuse tra Milano e Pavia che si sono concluse positivamente per gli esponenti di DiaSorin e del San Matteo. Baldanti, Rosa e Bonelli ora rischiano il processo per peculato. Baldanti anche per un’ipotesi di falso in concorso con il direttore generale del San Matteo Carlo Nicora, collegata ad una attestazione di via libera del Comitato Etico della Fondazione San Matteo all’uso di quelle due sacche per i test sierologici.

Ma una relazione del professore Andrea Crisanti, ingaggiato dai pm come loro consulente, allegata agli atti messi a disposizione delle difese, afferma che quel siero era stato conservato per un progetto diverso, il “progetto dr. Cesare Perotti per l’identificazione e la raccolta di sieri e plasma iperimmuni con elevato titolo di anticorpi neutralizzanti da somministrare a pazienti in gravi condizioni”. La terapia del plasma iperimmune all’epoca sembrava una sperimentazione terapeutica all’avanguardia, ed all’inizio diede qualche speranza, prima di diventare un cavallo di battaglia politico-ideologico ed essere spazzata via da terapie più efficaci. Il progetto di Perotti, al quale Baldanti partecipava solo come collaboratore, “non prevedeva la distribuzione di questo materiale a Diasorin. Se ne deduce – sostiene Cristanti – che i sieri sono stati indebitamente utilizzati per uno scopo diverso da quello previsto e approvato dal Comitato Etico, e sottratti a pazienti in gravi condizioni che se ne sarebbero potuti giovare”. Crisanti arriva a scrivere che quei 400 ml di siero sono una quantità “enorme”. Perché la dimensiona rispetto all’uso che DiaSorin ne avrebbe fatto: “Servirà alla ditta per produrre i controlli positivi da inserire in ogni singolo test venduto”.

L’indagine è nata da un esposto di una ditta concorrente, Technogenetics, che chiese senza successo di collaborare con la Fondazione San Matteo e poi ritenne di aver subito un danno dal loro accordo con Diasorin. Nelle carte del fascicolo c’è anche un’altra storia. E’ quella delle sentenze della giustizia amministrativa sul ricorso di Technogenetics per chiedere l’annullamento delle delibere adottate dal San Matteo per il progetto Diasorin. Il Tar lo accolse. Ma il Consiglio di Stato ribaltò, dando ragione all’Ircss San Matteo, sulla base di una relazione del ministero della Salute. “La validazione, e eventuale sviluppo del progetto di ricerca privato, non ha carattere di esclusività rispetto ad altri possibili progetti scientifici di altri soggetti privati, rispondendo al fine istituzionale degli Irccs di sostenere progetti di ricerca anche privati, e di validarli”, hanno scritto i giudici del Cds. Le intercettazioni tra un dirigente del ministero della Salute, ritenuto l’autore di fatto della relazione pro San Matteo, e il presidente della Fondazione San Matteo, Alessandro Venturi (non indagato in questo procedimento), sono state inserite in una richiesta di misura cautelare di interdizione per gli indagati di Pavia, che il Gip ha respinto. Il pm mise nero su bianco che avrebbe trasmesso quelle conversazioni alla Procura di Roma per competenza territoriale.

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