Omar Confalonieri – ex agente immobiliare condannato in secondo grado a 4 anni e 4 mesi per aver drogato una coppia di clienti e violentato la donna – dovrà trascorrere sei anni in carcere, mentre alla moglie sono stati inflitti 4 anni e 5 mesi di reclusione perché ritenuta sua complice. A deciderlo è stato il giudice per le udienze preliminari di Milano, Massimo Baraldo.

La richiesta di rinvio a giudizio dell’ex agente immobiliare per la seconda tranche dell’indagine risale al gennaio dell’anno scorso. Per questo Confalonieri, finito in carcere nel novembre 2021, è stato raggiunto da una seconda ordinanza di custodia cautelare. Nell’inchiesta bis, la Procura aveva contestato a Confalonieri cinque vicende di violenza sessuale: per due il giudice ha deciso di assolvere l’imputato per mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova. Per un terzo episodio non essendo chiaro se la vittima sia stata o meno resa incosciente con i potenti tranquillanti, è caduta l’aggravante. E per procedere è necessaria la querela mai presentata.

Alla moglie non sono state riconosciute le attenuanti generiche in quanto, quando è stata interrogata, non ha ammesso. Infine è stata disposta una provvisionale di 20 mila euro a solo una delle 4 parti civili poiché la quinta al centro di una delle imputazioni contestate in sentenza non si è costituita. Le motivazioni saranno depositate in 15 giorni. “Siamo convinti che è un processo anacronistico, in quanto rimette in discussione vicende poco chiare di 5 o 6 anni fa” hanno dichiarato i difensori della coppia, Luca Ricci e Emilio Trivoli, annunciando l’impugnazione. “Bisogna capire quale è il discrimine” che ha portato a decidere in modo diverso in quanto i fatti, “sono tutti simili”, aggiungono. I legali di parte civile hanno, al contrario, espresso invece soddisfazione per le condanne.

Il pm Alessia Menegazzo, titolare del fascicolo assieme all’aggiunto Letizia Mannella, aveva chiesto 9 anni e 4 mesi per lui e 4 per lei sostenendo che, “dall’analisi del compendio probatorio appare palese la serialità e la spregiudicatezza della condotta degli imputati, privi di freni inibitori”. Per il rappresentante dell’accusa “tutte le violenze sessuali contestate sono connotate dal medesimo modus operandi“. Secondo la ricostruzione, sarebbero state addormentate o comunque rese incoscienti somministrando benzodiazepine e poi anche costrette a indossare abiti non loro. Essendo state narcotizzate, hanno fatto poi fatica a ricordare, cosa che ha reso difficili le indagini e il processo.

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