Reintrodurre per i magistrati il divieto, anche al di fuori dell’esercizio della funzione, di tenere comportamenti che possano minare il decoro del ruolo o compromettere l’imparzialità, anche solo sul piano dell’apparenza. È l’ipotesi lanciata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in risposta a un’interrogazione di Maurizio Gasparri, neo-capogruppo di Forza Italia al Senato, sul caso di Iolanda Apostolico, la giudice che a settembre ha disapplicato il decreto Cutro ed è stata immortalata in un video (diffuso per la prima volta dal vicepremier Matteo Salvini) mentre cinque anni prima partecipava a una manifestazione al porto di Catania per chiedere lo sbarco dei migranti bloccati sulla nave Diciotti. “Al fine di evitare il ripetersi di situazioni analoghe”, scrive Nordio, “resta tema centrale l’eventuale reintroduzione nel nostro ordinamento, tra i doveri del magistrato”, del divieto di “tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria”, con la conseguente previsione di un illecito disciplinare per le toghe che tengano “ogni comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità, anche sotto il profilo dell’apparenza“.

Le norme di cui parla il Guardasigilli erano contenute nella riforma dell’ordinamento varata all’inizio del 2006 da Roberto Castelli, ministro della Giustizia del terzo governo Berlusconi. Ma hanno avuto vita breve: alla fine dello stesso anno, dopo il cambio di maggioranza, il governo Prodi 2 (con la contro-riforma firmata dal ministro Clemente Mastella) l’aveva cancellate in quanto troppo generiche e suscettibili di trasformarsi in un grimaldello per censurare qualunque aspetto della vita privata dei magistrati. Ora Nordio, con la scusa del caso Apostolico, vuole riesumarle: serve “un’attenta riflessione nella consapevolezza della fondamentale importanza del valore dell’imparzialità di chi è chiamato a svolgere le delicatissime funzioni giurisdizionali, imparzialità che deve essere non soltanto effettivamente sussistente ma anche declinarsi sotto il profilo della sua apparenza”, scrive a Gasparri. “L’imparzialità della decisione va, infatti, tutelata anche attraverso la irreprensibilità e la riservatezza dei comportamenti individuali, così da evitare il rischio di apparire condizionabili o di parte“, aggiunge. Dichiarazioni criticate dalla sinistra giudiziaria con Ciccio Zaccaro, segretario della corrente Area: quello auspicato dal ministro, scrive in una nota, è “un illecito disciplinare dal contenuto fumoso e generico, una pistola puntata contro i magistrati scomodi o che si permettono di partecipare al dibattito pubblico sulla giustizia”.

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