Tutti quelli che aspettavano una sua parola sullo scontro tra toghe e politica sono rimasti delusi. Sergio Mattarella ha scelto di non intervenire nella seduta straordinaria del Consiglio superiore della magistratura in cui il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è comparso per la prima volta davanti all’organo di autogoverno: il capo dello Stato si è limitato a presiedere l’assemblea – il ruolo che gli attribuisce la Costituzioneaprendo e chiudendo i lavori e dando la parola agli oratori previsti dal cerimoniale (sette consiglieri, quattro togati e tre laici, più il vicepresidente Fabio Pinelli).

Una decisione presa “in tempi non sospetti“, addirittura una decina di giorni fa, quindi ben prima rispetto agli ultimi episodi che hanno infiammato i rapporti tra esecutivo e magistratura. Solo per rimanere alla settimana in corso: domenica il ministro Guido Crosetto ha rilasciato un’intervista in cui a ha evocato un complotto anti-governativo delle toghe di sinistra, lunedì il Consiglio dei ministri ha approvato le nuove “pagelle” per giudici e pm, martedì il guardasigilli Nordio ha rilanciato l’idea dei test psicoattitudinali per i magistrati, mercoledì è stato rinviato a giudizio il sottosegretario Andrea Delmastro per rivelazione di segreto d’ufficio. La convinzione del capo dello Stato, spiega chi gli sta vicino, era che la seduta di giovedì dovesse essere dedicata alla presenza del ministro della Giustizia: un suo intervento pubblico avrebbe potuto essere frainteso, addirittura essere considerato come una “invasione” della normale dialettica tra consiglio e guardasigilli, prevista in questi casi.

È probabile, però, che il proposito di tacere del capo dello Stato sia stato rafforzato dagli attriti degli ultimi giorni. A spiegarlo ad alcuni membri del Csm, a margine della seduta, è stato uno dei suoi consiglieri giuridici: “Non è intervenuto perché teme la strumentalizzazione di qualsiasi sua parola. In un momento di grande polarizzazione dello scontro, ha voluto evitare che il suo discorso venisse tirato in una direzione o nell’altra“, è il senso del discorso riferito a Palazzo dei Marescialli. È noto come il dodicesimo presidente interpreti il suo ruolo di garante della Carta, in modo terzo e super partes, soprattutto quanto si consumano strappi tra due diversi poteri dello Stato.

Nei suoi quasi nove anni al Colle Mattarella ha sempre puntato tutto sul dialogo per appianare i conflitti, anche quelli più aspri. In questo senso è possibile che il presidente abbia apprezzato anche i toni insolitamente pacifici di Nordio: nel suo discorso il guardasigilli ha schivato (quasi del tutto) i temi divisivi e si è astenuto dalle provocazioni, auspicando invece “massima sinergia” con il consiglio e ringraziando i magistrati “per gli sforzi e la responsabilità con cui stanno contribuendo al perseguimento degli obiettivi del Pnrr”. Il clima ecumenico ha contagiato anche il vicepresidente dell’assemblea Fabio Pinelli, avvocato eletto in quota Lega, che finora ha sempre interpretato il ruolo in modo piuttosto schierato: “La giustizia ha bisogno di sostegno morale e pubblico“, e soprattutto lo meritano “migliaia di magistrati che quotidianamente servono con onore il Paese”, ha detto, sorprendendo molti degli stessi consiglieri.

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