Il Primo Ministro slovacco Robert Fico ha annunciato l’interruzione di “ogni comunicazione” con i principali media del Paese, perché questi ultimi non avrebbero diffuso notizie “tempestive, vere e complete”. La decisione, riportata da Euractiv, rappresenta l’ultimo passo di uno scontro serrato con giornali e televisioni ritenuti ostili e preoccupa per le possibili ricadute democratiche nella nazione dell’Europa orientale.

Il premier aveva proposto, in un primo momento, di vietare agli stessi media l’accesso agli uffici governativi, ma ha dovuto fare marcia indietro dopo che nove eurodeputati slovacchi avevano chiesto alla commissaria europea Věra Jourová di sanzionarlo. L’annuncio di Fico ha provocato anche una protesta studentesca davanti all’ufficio del governo – una mossa che il leader di Direzione, Socialdemocrazia! (Smer), Ľuboš Blaha, ha criticato, evitando i media interessati, come la TV Markíza, per la loro “propaganda arcobaleno, russofoba e anti-sinistra”.

Le parole di Blaha, esponente dello stesso partito del premier, rivelano con chiarezza quali sono i principi ideologici che muovono l’ esecutivo slovacco nato dopo le elezioni del 30 settembre.

Lo Smer, arrivato primo alle recenti consultazioni con 42 seggi sui 150 della Camera dei Rappresentanti, è sovranista ma di sinistra, con posizioni anti-immigrazione, un certo euroscetticismo, russofilia , contrarietà al liberalismo economico ed ostilità nei confronti dei diritti delle minoranze. Voce-Socialdemocrazia, che ha 27 seggi in Parlamento, è guidato dall’ex premier Peter Pellegrini ed è nato nel 2020 dopo una scissione dallo Smer, è apparentemente più moderato ed europeista ma non sembra in grado di opporsi allo strapotere sovranista di Fico, mentre il Partito Nazionale Slovacco, che dispone di 10 seggi ed è legato all’estrema destra, condivide il populismo, l’approccio anti-immigrazione e la russofilia dello Smer. Il movimento è stato accusato, in passato, di razzismo ed intolleranza a causa delle gravi dichiarazioni rese contro la minoranza ungherese e Rom.

Fico è un ammiratore dichiarato di Vladimir Putin, di cui non permetterebbe l’arresto previsto dal mandato della Corte Penale Internazionale e di Viktor Orbán, ritenuto, come riportato da Euronews, “un difensore dei diritti del suo Paese e dei suoi abitanti”. Il premier detesta le organizzazioni non governative che, a suo dire, avrebbero agito per danneggiare i governi che ha presieduto tra il 2006 ed il 2018 ( con una piccola pausa nel biennio 2010-2012) e sarebbero state responsabili della presunta macchinazione che ne ha provocato la caduta nel 2018. In realtà fu costretto a lasciare l’incarico dopo le massicce proteste popolari scatenate dall’omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak, che si stava occupando di un caso di corruzione e della compagna Martina Kusnirova.

Fico, come chiarito da Balkan Insight, vuole che tutte le ong che ricevono fondi dall’estero vengano definite “agenti stranieri”, proprio come accade nella Russia putiniana e come sta tentando di fare Orbán in Ungheria. Poco dopo il suo insediamento ha dichiarato che “l’era in cui le ong hanno governatore questo Paese è finita”.

Bratislava e Budapest condividono la stessa posizione sulla guerra in Ucraina. Fico ha promesso, come ricordato dalla Deutsche Welle, di porre fine al sostegno dato a Kiev dal precedente esecutivo e in campagna elettorale ha adottato lo slogan “Niente più proiettili all’Ucraina”. Dopo le consultazioni ha invece dichiarato che “le radici della guerra in Ucraina risalgono al 2014 quando i fascisti ucraini hanno ucciso civili di nazionalità russa”. Orbán, che non ha mai nascosto l’antipatia nei confronti di Kiev, è meno isolato di prima nei rapporti con Mosca.

La vicinanza della Slovacchia e dell’Ungheria alle posizioni russe ha anche motivazioni energetiche. Entrambi i Paesi dipendono dalle importazioni di petrolio russo e rischiano di trovarsi in grave difficoltà a causa delle sanzioni comunitarie. Budapest e Bratislava hanno chiesto e ottenuto da Bruxelles una proroga sulle importazioni di oro nero e il nuovo esecutivo slovacco avrebbe chiesto, secondo quanto riferito da Politico, una nuova estensione delle scadenze.

Le analogie tra Fico ed Orbán sono state evidenziate da chi può osservarle sul campo e in prima persona. Beata Balogova, caporedattrice del The Slovak Spectator, ha dichiarato che Fico vorrebbe replicare quanto accade in Ungheria dove il Primo Ministro non risponde da tempo a giornali e canali televisivi che lo criticano, sceglie accuratamente chi può partecipare alle conferenze stampa e quali domande possono essere poste, dà vita a lunghi monologhi sulla televisione di Stato e fa in modo che gli organi di stampa fedeli parlino solamente delle attività del governo. Il portale di Reporter Senza Frontiere ha invece ricordato come i giornalisti slovacchi abbiano beneficiato, dopo le elezioni del 2020 che hanno segnato la sconfitta di Fico, di leggi che hanno tutelato il libero esercizio della professione. Una situazione in via di miglioramento che rischia, ora, di fare passi indietro.