Tra le allergie alimentari, quella al nichel è tra le più comuni. Tuttavia, non esistono al momento test ed esami clinici validati per poterla diagnosticare. Una delle possibili strade è quella di procedere per esclusione, con il consiglio di tenere un diario alimentare dettagliato, e sempre con il supporto e la competenza di un allergologo o un gastroenterologo. Nelle persone sensibili al nichel, quando si mangiano determinati alimenti, si possono verificare disturbi gastrointestinali, diarrea o stipsi, ma anche mal di testa e insonnia.

Metalli pesanti nell’ambiente

Sulla presenza nell’ambiente, e quindi nei cibi, di metalli pesanti come il nichel se ne è occupato di recente uno studio francese pubblicato dall’agenzia governativa ‘Santé publique France’. In particolare, il rapporto Esteban è arrivato a evidenziare come mercurio, cadmio, nichel, cromo, piombo e rame (per un totale di 27 elementi sotto osservazione) siano presenti nell’organismo della maggior parte della popolazione. Tra il 2014 e il 2016 sono stati prelevati campioni biologici (sangue, capelli, urina) da oltre 1.100 bambini e 2.500 adulti. In più, tutte le persone coinvolte nel test hanno risposto a un questionario sulle abitudini alimentari. I dati raccolti sono infine stati confrontati con quelli emersi da uno studio anteriore, relativo al biennio 2006-2007.

In sintesi, è emerso che la presenza dei metalli pesanti è molto elevata e in aumento rispetto al decennio precedente. Se in generale i metalli interessano la popolazione in una percentuale che varia dal 97 al 100 per cento, il cromo si trova nel 99,9 per cento dei bambini e nel 98 per cento degli adulti; il mercurio nel 99,4 per cento dei piccoli e nel 95,6 per cento dei grandi. E il nichel? nel 99 per cento dei primi e nel 97 per cento dei secondi. La fonte di questi metalli è anche alimentare. Ma questo metallo è molto diffuso nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Un’esposizione frequente può essere proprio attraverso l’acqua, dove la concentrazione di nichel può variare da 5 a 100 microgrammi/litro.

Tra gli alimenti più ricchi in nichel ci sono i cereali, il cacao, il cioccolato, il tè, la soia e i suoi derivati. Per quanto riguarda la frutta oleaginosa, è più frequente negli anacardi. E poi i legumi, gli asparagi, le cipolle, gli spinaci e i pomodori. Rispetto ai vegetali, il nichel è in genere meno presente negli alimenti di origine animale. Tuttavia, le uova e i crostacei ne risultano ricchi; mentre il riso, il farro, i prodotti carnei e i latticini, la frutta da questo punto di vista presentano molti meno problemi. Tutto questo vorrebbe dire che i soggetti potenzialmente allergici al nichel devono eliminare automaticamente alcuni di questi cibi segnalati? In realtà la soluzione è più complessa.

Il parere dell’esperto
“Una premessa indispensabile: l’allergia al nichel è una problematica che si presenta con caratteristiche fortemente diversificate, sia per quanto riguarda i sintomi, sia per la soglia oltre la quale l’ingestione di nichel produce sintomi fastidiosi”, spiega al Fatto Quotidiano.it il dottor Paolo Pigozzi, medico nutrizionista. “Di conseguenza, varia individualmente anche la tolleranza nei confronti di alimenti più o meno ricchi di nichel”.

Dottor Pigozzi, che suggerimenti dare per capire se siamo allergici al nichel?
“Un consiglio è quello di intraprendere, meglio se guidati da un medico esperto in questo campo, un percorso di valutazione degli alimenti che provocano disturbi, che andranno eliminati per qualche tempo e poi reintrodotti per testarne la compatibilità con il proprio organismo, e di quelli che, al contrario, sono ben tollerati. In questo contesto, il suggerimento sempre valido, anche se apparentemente semplicistico, è quello di variare molto la dieta”.

Rimedi per i disturbi

Quando si presentano gonfiori addominali e diarrea quali rimedi si possono adottare?
“Prima di tutto è bene evitare cibi che con buona probabilità hanno causato i sintomi. Da questo punto di vista, l’abitudine di fare pasti semplici, composti da un numero limitato di alimenti, potrebbe facilitare la ricerca. Utili poi una masticazione accurata e l’assunzione, a fine pasto, di qualche estratto di finocchio, sia in tisana di semi – da sorbire non dolcificata – sia sotto forma di estratti idroalcolici reperibili in ogni erboristeria e farmacia e da assumere in gocce diluite in poca acqua tiepida”.

Microbiota intestinale

In molti, anche magari su suggerimento di vari influencer, si buttano su integratori di fermenti lattici senza magari un controllo medico. Che cosa si sente di dire?
“Cercare di mantenere un equilibrio funzionale nell’intestino è certamente lodevole e, anzi, indispensabile. In ogni caso, occorre non dimenticare che il provvedimento più efficace consiste nell’adozione di una dieta largamente basata sui vegetali, tra l’altro ricchi di fibre e di sostanze protettive. Per quanto riguarda l’utilità dei cosiddetti ‘fermenti lattici’ (oggi più correttamente definiti come microbiota intestinale), da tempo la ricerca e la proposta commerciale si sono notevolmente evolute. Sono di fatto disponibili preparati (bustine, capsule, compresse, flaconcini, ecc.) che contengono microrganismi appartenenti alla flora batterica intestinale e selezionati per la loro specifica capacità di ridurre i fenomeni fermentativi. Le persone, con l’aiuto del medico e del farmacista, dovrebbero farsi aiutare nella scelta più adatta alle loro esigenze”.

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