Ci aveva provato due volte ma ora dice di avercela fatta. Mentre il presidente sudcoreano Yoon Sukyeol, in visita nel Regno Unito, era impegnato a banchettare con re Carlo, Kim Jong-un festeggiava il successo del lancio in orbita del suo primo satellite-spia, riaccendendo bruscamente le tensioni sulla penisola coreana. “Il razzo Chollima-1 ha piazzato con successo e precisione in orbita il satellite Malligyong-1“, ha dichiarato l’agenzia aerospaziale della Corea del Nord, definendo l’operazione una “legittima difesa” da parte di Pyongyang contro le “pericolose attività dei nemici” del regime. Lo stesso Kim avrebbe supervisionato il lancio, avvertendo che sarà seguito “a breve” da altri test.

Corea del Sud e Giappone, che per prime avevano informato del lancio del razzo mettendo i rispettivi Paesi in stato di allerta, hanno sottolineato che al momento non ci sono fonti dirette e indipendenti per confermare l’operatività del satellite, mentre la propaganda nordcoreana riporta che Kim starebbe già analizzando le immagini satellitari in arrivo dallo spazio. Nel frattempo però, si è palesata la prima conseguenza diretta del lancio, con Seul che ha parzialmente sospeso l’accordo militare del 2018 con il quale i due Paesi si impegnavano a ridurre le tensioni intra-peninsulari. Come riportato dall’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, durante un Consiglio di sicurezza straordinario i vertici del Paese hanno deciso ripristinare le attività di ricognizione e sorveglianza intorno al confine inter-coreano, la linea di demarcazione conosciuta come DMZ (zona demilitarizzata), abolendo così la no-fly zone determinata dall’accordo. “La Corea del Nord sta chiaramente dimostrando di non volersi attenere al patto militare del 19 settembre”, ha detto durante il Consiglio il primo ministro Han Duck-soo, aggiungendo che “la capacità di reazione dell’esercito alle minacce sarà aumentata” in risposta al lancio del razzo porta-missile.

Condanna anche dagli Stati Uniti, con la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, Adrienne Watson, che ha sottolineato come i ripetuti tentativi da parte di Pyongyang di padroneggiare i lanci in orbita di satelliti fanno parte di una più ampia strategia di sviluppo dei missili balistici continentali. Una tesi sostenuta anche dalle Nazioni Unite, che ritengono che lanci di questo genere siano una copertura per testare tecnologia missilistica avanzata.

A contribuire alle preoccupazioni in questa direzione è la vicinanza tra Corea del Nord e Russia, suggellata dall’ultimo viaggio di Kim a Mosca lo scorso settembre. In questa occasione secondo alcune speculazioni i due leader avrebbero raggiunto un accordo (ufficialmente smentito da entrambe le parti) per il rifornimento da parte di Pyongyang di munizioni alla Russia, prosciugata dalla guerra in Ucraina. In cambio Mosca avrebbe promesso di aiutare la Corea del Nord nella costruzione di satelliti e nello sviluppo di tecnologie per il nucleare. Tra le tappe del viaggio di Kim, documentato e sponsorizzato con insolita attenzione dai russi, non è passata inosservata la visita del leader nordcoreano al cosmodromo di Vostochny.

Forte del supporto russo e con il mondo distratto dal nuovo conflitto in Medio oriente, il leader nordcoreano prosegue quindi nella strategia del terrore, ricordando la sua esistenza a colpi di razzo. A renderlo impaziente di padroneggiare le nuove tecnologie sembra essere però l’incessante avvicinamento della Corea del Sud a Stati Uniti e Giappone. Con la presidenza Yoon infatti la Repubblica di Corea ha da una parte adottato un approccio più combattivo nei confronti di Pyongyang, lontano dalla sunshine policy distensiva del suo predecessore Moon Jaein, e dall’altra si è progressivamente avvicinata al nemico storico, il Giappone, aprendo il dialogo ai massimi vertici. A questo proposito la scorsa settimana c’è stato un trilaterale a margine del vertice Apec tra il presidente Usa, Joe Biden, il premier giapponese Fumio Kishida e Yoon.

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