E’ noto soprattutto per essere uno degli animatori del Family day. E ora è anche consulente del governo Meloni. Si tratta di Massimo Gandolfini, di professione neurochirurgo e psichiatra: ultra-conservatore, da sempre attivissimo a difesa della famiglia tradizionale, Gandolfini lavorerà nel Dipartimento per le politiche antidroga e farà riferimento al sottosegretario Alfredo Mantovano, pur confrontandosi con vari ministeri (su tutti Matteo Piantedosi, titolare del Viminale, e il Guardasigilli Carlo Nordio). Contattato dal Fatto, Gandolfini conferma che il suo contributo sarà anche di tipo legislativo in materia di droghe. E le sue posizioni, sul tema, sono pubbliche da anni, visto che più volte si è battuto contro ogni tentativo di legalizzazione della cannabis, ritenendo che non si debba fare alcuna distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti: “La sentenza della Cassazione – disse nel 2019 quando la Suprema Corte dichiarò legale la coltivazione per uso personale – banalizza il consumo di droga, inventa un diritto a drogarsi che non ha alcun fondamento giuridico e alimenta una cultura dello sballo e dell’abuso”.

Gandolfini resterà in carica almeno fino a fine anno e non percepirà uno stipendio per la sua consulenza a Palazzo Chigi, utile comunque – oltreché per gli aspetti medici e giuridici – per rinsaldare i rapporti politici con i partiti di destra. Diverse fonti infatti confermano che a pesare sulla nomina di Gandolfini non sia stato solo il curriculum professionale, ma anche il suo trascorso da attivista: “Dal punto di vista politico e culturale – riconosce lui – rappresento una fetta notevole di persone assolutamente contrarie a ogni legalizzazione”. Un anno fa Matteo Salvini aveva postato sui social una foto insieme a Gandolfini: “Piacevole e costruttivo incontro con il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini, un’ottima occasione per confrontarsi su difesa della vita, contrarietà all’utero in affitto, contrasto a ogni genere di droga, aiuti concreti per le famiglie”. I due sono rimasti in ottimi rapporti e adesso è arrivata la nomina, che fa piacere a destra ma fa infuriare il centrosinistra e le associazioni che in questi anni hanno conosciuto da vicino Gandolfini. A partire da Alessandro Zan, padre del ddl (poi affossato) sui diritti Lgbtq e responsabile per i Diritti nella segreteria del Pd: “Questa nomina conferma l’anima integralista e reazionaria del Governo Meloni, che vuole fare dei diritti il bersaglio politico su cui scagliarsi per dare un’identità politica chiara all’esecutivo. Dopo Mantovano e Roccella, il nome di Gandolfini dimostra che lobby proibizioniste, contro l’aborto e omotransfobiche sono azioniste importanti della destra che oggi governa il Paese. L’equiparazione della cannabis a droghe pesanti che sostiene Gandolfini è retrograda e antiscientifica: vigileremo perché non si metta in atto una vera e propria caccia alla streghe che aiuterebbe soltanto la criminalità organizzata”.

Anche Luca Paladini, consigliere regionale lombardo e volto dei Sentinelli, è netto: “E’ l’ennesima bandierina ideologica che la destra sventola mostrando l’ennesima faccia cattiva. Gandolfini è l’emblema di posizione retrive e poco sensibili alle sfumature, è il volto del proibizionismo esasperato”. Duro pure Marco Perduca dell’Associazione Coscioni, ex senatore Radicale e presidente del comitato promotore del referendum sulla cannabis del 2021: “Gandolfini ha detto cose pessime sulla droga, così come sui diritti Lgbtq. Cosa mi aspetto? Non tanto una stretta legislativa, ma magari un cambiamento nella distribuzione dei fondi in quel settore, che molto probabilmente faranno contenti gli amici degli amici”. Secondo Perduca, “la nomina di Gandolfini dimostra che la destra procede con l’occupazione del potere, con l’aggravante di affidare incarichi a persone non competenti”: “Non perché la pensano diversamente da me, ma perché da anni la scienza e la pratica anche nei Paesi meno progressisti del mondo vanno nella direzione opposta a quella sostenuta da Gandolfini”.

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