La Gazzetta dello Sport torna ad attaccare Jannik Sinner sul piano personale per il suo supposto poco sentirsi italiano. Lo fa, ancora, con un fondo di Giancarlo Dotto, senza freni nei confronti del miglior tennista italiano degli ultimi decenni. La “colpa”? Pare essere sempre la stessa che aveva portato il principale quotidiano sportivo del Paese a mettere al muro Sinner due mesi fa: l’aver declinato la convocazione per l’appuntamento in Coppa Davis, il che comporterebbe implicitamente non aver grande amore per la Nazionale. Al netto di quanto probabilmente quel “mi dispiace, ma non ce la faccio” sia stato utile ai successi degli ultimi due mesi della stagione, compresa la finale raggiunta alle Atp Finals di Torino.

E dunque, ecco che si torna sull’argomento spiegando come la vittoria del “giovane Jannik” sia stata nell’aver “diffuso secchiate di fascino magnetico non solo nella prepotenza del suo tennis totale, inesorabile quando difende e letale quando offende”, ma soprattutto “la seduzione di Jannik è diventata giorno dopo giorno micidiale nel suo essere nostro, nel suo scoprirsi definitivamente ‘italiano’, senza esserlo davvero completamente, nostro e italiano”, scrive Dotto.

Quindi ecco sostanziato il concetto: “Quando ha sottolineato di quanto era stato bello avere conquistato i ‘tifosi italiani’, quando dire ‘italiani’ per un italiano scontato sarebbe un pleonasmo. Quando ha fatto sua una bandiera, non per dovere anagrafico ma per convinzione, senza l’essere completamente un apostolo delle virtù, dei vizi e della storia di quella bandiera”. E ancora giù con allusioni: “Noi abbiamo imparato ad amare Jannik anche perché non ci appartiene sino in fondo. Perché non ci somiglia. Per il suo essere così diverso e così distante dalla nostra anima latina, quando (non) esulta, quando (forse) si deprime, quando (appena) sorride. Quando parla una lingua e forse pensa in un’altra”.

L’articolo è un crescendo: “Tra un passante e un rovescio incrociato, tra un boato e un coro, Jannik ha scoperto la bellezza torrida di essere nostro e di ritrovarsi italiano. Sentirsi italiani per adozione avvenuta, conclamata e plebiscitaria”. Sinner insomma è stato adottato, non propriamente italiano pur essendo nato a San Candido, Trentino-Alto Adige, Italia. “Cosa di più bello? – si legge ancora – Cosa di più illuminante per un Paese che ancora dibatte il dubbio, nella sua pancia più triviale, se abbia diritto di sentirsi e dirsi italiano chi lo ha dimostrato con l’appartenenza, la dedizione, l’amore svelato, e non per un mero fatto di sangue o di etnia”.

Il gran finale è il ritorno sulle polemiche degli scorsi mesi, nella quale la ‘colpa’ viene data al lettore, che evidentemente non ha compreso. Con un nuovo rimarcare la presunta differenza di Sinner, definito “apolide nella migliore delle ipotesi”: “Stimolare una riflessione per cui un ragazzo bello, intelligente, pieno di talento, più apolide che altro nella migliore della ipotesi, possa diventare più forte e persino più bello (e anche più ricco) calandosi nel tessuto emotivo di una collettività, per esempio rispondendo alle convocazioni della Nazionale, anche quando strategicamente inopportuna, non meritava le repliche ottusoidi dei soliti inutili idioti sbavatori alla corte dei vincenti. Ma così va il mondo che non sa dove andare”.

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