“Occorre agire sulla priorità: liberare spazio urbano dalle auto. Se nella politica prevale il marketing, si rompe il rapporto con la città”. Sono le motivazioni con cui l’ambientalista Enrico Fedrighini, consigliere comunale a Milano, annuncia in un’intervista al Corriere della Sera l’addio al gruppo consiliare Beppe Sala sindaco in cui era stato eletto alle ultime elezioni amministrative e il passaggio al gruppo misto. Anche se continuerà a sostenere la maggioranza di centrosinistra in Comune.

Fedrighini spiega la rottura con le scelte a suo dire “inefficaci” della giunta sul tema del traffico. “Sono preoccupato per una maggioranza ampia e moderata di milanesi, di area di centro sinistra, che vede emergere problemi e non trova risposte. L’esempio lampante è quello dei dati sul traffico. Se si manifesta il problema delle troppe auto e della “guerra” che si crea con pedoni, ciclisti, mezzi pubblici, la risposta non può essere nascondere i dati di quante macchine entrano in Area B“, la più grande Ztl d’Italia.

E ancora: “La chiusura al traffico di via Montenapoleone non è una grande conquista per Milano. La grande conquista sarebbe ridurre le 650 mila macchine che entrano tutti i giorni in città. Altro tema: i mezzi di superficie sono in difficoltà, e di recente è stato anche aumentato il biglietto. In questo quadro, nelle periferie non si possono tagliare alcune linee e poi estendere anche il pagamento della sosta per le auto fino alle 19: perché così una persona che di pomeriggio deve andare da Baggio a Certosa per una commissione si trova meno mezzi pubblici e l’obbligo di pagare la sosta”. In campagna elettorale invece “l’obiettivo era chiaro: fare scelte coerenti e tradurre in misure efficaci e concrete un quadro sulla mobilità già definito in ormai due decenni di analisi: dunque lo sviluppo di Area B, di Area C, del trasporto pubblico”.

Un altro tema chiave e decisivo per lo strappo è stato quello dello stadio su cui “l’errore chiave è stato fatto all’inizio, accettando che le società potessero impostare il rapporto dicendo al Comune, ‘su quel bene pubblico, di vostra proprietà, o fate come diciamo noi, o ce ne andiamo’“, ha spiegato.

“Ogni atto, scelta, voto che si esprime è un atto pubblico, e devo risponderne pubblicamente, aggiunge Fedrighini parlando all’Ansa. “Un gesto piccolo, limitato, individuale, ma secondo me necessario per dare un segnale. Non entro in nessun gruppo, automaticamente ma scivolo da solo nel cosiddetto gruppo misto”. In modo da “presentarsi un domani agli elettori con la necessaria credibilità per chiederne il voto, e che è più importante della cieca obbedienza, cioè lo spirito critico per analizzare ciò che non va e le conseguenti proposte per migliorare ciò che non va. La critica è un calore che arricchisce e migliora l’azione di governo: non deve essere un fastidio”.

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