La piccola tangentopoli di Capri finisce con cinque condanne e un’assoluzione. Fa rumore la condanna di Michele Sansonne, per tre lustri comandante della stazione dei carabinieri dell’isola azzurra. Cinque anni e il licenziamento dall’Arma, la decisione della prima sezione del Tribunale di Napoli presieduta dal giudice Maurizio Conte. Sansonne era accusato di corruzione in concorso con l’imprenditore marittimo ed amico Francesco Giuliano Verardi, condannato a due anni e otto mesi con la concessione delle attenuanti generiche: l’ex comandante lo avrebbe aiutato nella sua battaglia legale contro l’amministrazione di Capri e contro un’ordinanza del sindaco Ciro Lembo che ha aperto il campo alla concorrenza della Capri Cruise, orientando alcune indagini in favore dell’amico e fornendogli notizie e carte riservate. Avrebbe ottenuto in cambio l’assunzione della figlia nel “St. Giles Hotel” di Londra e altri piaceri. L’ex comandante è stato invece prosciolto per prescrizione dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio.

Fatti non freschissimi, risalenti a circa dieci anni fa, quelli oggetto del processo frutto di un’inchiesta dei pm di Napoli Celestina Carrano, Giuseppina Loreto ed Henry John Woodcock. La sentenza arriva otto anni dopo l’emissione di un’ordinanza cautelare che rivelò l’esistenza di un giro di pressioni, di favori, di mazzette camuffate da forniture edili, che toccava l’ufficio tecnico di Capri e la stazione dei carabinieri, fino a coinvolgere un vice comandante della Guardia di Finanza, Pasquale Franco, condannato a un anno (pena sospesa). Indagarono i carabinieri del Noe guidati dal colonello Sergio De Caprio e dal capitano Gianpaolo Scafarto, che riempirono di cimici anche gli uffici dei loro colleghi dell’Arma.

Sei gli indagati finiti alla sbarra. Ne è stato assolto solo uno, il tecnico comunale Gennaro Della Rocca. Cinque anni di condanna ed estinzione del rapporto con la pubblica amministrazione per Mario Cacciapuoti, il funzionario del settore edilizia privata di Capri, e tre anni per il suo complice Ciro Di Capua: una iniziale accusa di concussione, di aver estorto somme a persone colpite da provvedimenti e sequestri sollecitati dall’Utc per evitare ulteriori ritorsioni, è stata derubricata in induzione indebita.

Sansonne fu intercettato anche in conversazioni coi suoi superiori. E finirono nelle carte dell’inchiesta i suoi sfoghi contro altri carabinieri e la storia della sua agendina dove annotava tutti gli “interventi affettuosi” (così li definiva in una intercettazione) per alti ufficiali dell’Arma, magistrati, figure istituzionali. Persone che si sarebbero rivolte a lui per prenotazioni al ristorante, posti barca, soggiorni alberghieri. “La mia assicurazione sulla vita”, la chiamava scherzosamente, forse nemmeno tanto, perché altri carabinieri sentiti dagli inquirenti dichiararono “che li annotava nella prospettiva di renderli palesi nel caso gli fosse capitato qualcosa”. L’agendina fu citata in un ricorso al Riesame. Ma non fu depositata e non risulta sia finita agli atti del processo.

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