Ancora rialzi per i tassi dei mutui. Lo comunica l’Abi, l’associazione delle banche italiane, che diffonde i dati relativi al mese di ottobre. Gli interessi medi sono saliti il mese scorso al 4,37% contro il 4,2% di settembre. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato del 5,45%, a settembre era il 5,35% mentre il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 4,70%, a settembre era 4,61%. L’ultimo rialzo dei tassi deciso dalla Banca centrale europea, che automaticamente si ripercuote sugli interessi di mutui a tasso variabili e di nuova erogazione, risale al 20 settembre scorso, dopo di che la fase rialzista si è arrestata. Probabile che nei prossimi mesi si fermino anche i tassi sui prestiti. Quelli che continuano a rimanere inchiodati, o quasi, sono invece gli interessi che le banche pagano sui depositi che, a loro volta, dovrebbero muoversi al rialzo. Quelli sui conti correnti sono passato dallo 0,47% di settembre allo 0,51%. Per i conti deposito, che richiedono di vincolare le somme depositate per un determinato periodo di tempo, il tasso medio raggiunge il 3,57%. Del resto le banche italiane sono, insieme a quelle spagnole, quelle che hanno trasferito in minor misura i benefici dei rialzi dei tassi ai depositanti. Appena il 10% , la metà o meno rispetto a quanto accaduto in Germania o Francia. E questa è anche la ragione fondamentale alla base di un anno record per quanto riguarda gli utili degli istituti di credito che supereranno nel complesso i 40 miliardi di euro.

L’Abi fa sapere anche che le “imprese” sono caute sull’andamento dell’economia e “stanno accumulando risorse nei depositi bancari” che hanno superato i 500 miliardi di euro, il valore massimo del 2023. Si tratta, spiega l’Associazione, di un comportamento frutto anche delle scelte di politica monetaria della Bce, che influiscono inoltre sul calo dei prestiti. A gennaio 2023 i depositi delle aziende erano a 461 miliardi. La “crescita economica” rallenta e “deprime la domanda di prestiti” che restano comunque superiori ai livelli pre-covid. Ad ottobre 2023, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 3,6% rispetto a un anno prima ma non “‘c’è una stretta creditizia” perché gli impieghi, al netto delle cartolarizzazioni, “sono superiori ai livelli pre covid di settembre 2019”.

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