di Gian Paolo Rapone*

Lo Stato d’Israele è una democrazia? Da settimane si parla costantemente di come lo Stato d’Israele, essendo l’unica democrazia del Medio Oriente, debba essere difeso senza se e senza ma dall’Occidente. Ci sono tre aspetti fondamentali sul quale si può (e si deve) discutere se Israele possa essere definita una forma di governo democratica. Siamo fuori strada se si vuole considerare la democrazia come il solo atto da parte del popolo di votare alle elezioni, oppure come semplice libertà di vivere all’occidentale, semplificando il discorso come se fosse una partita di calcio.

Partendo da un primo aspetto, facendo dei chiari paragoni con altri paesi, siamo sicuri che democrazie quali Svizzera, Panama o Costa Rica possano essere equiparate allo Stato d’Israele? La Svizzera, pur essendo dotata di un esercito impiegato principalmente a supporto e difesa della propria popolazione, è dal 1815 riconosciuta come neutrale, non stringendo alcun tipo di alleanza militare. Costa Rica e Panama invece, non dispongono di un esercito rispettivamente dal 1949 e dal 1990.

Ecco, osservando l’attuale conflitto israelo-palestinese, è stato accertato l’uso da parte dell’IDF di munizioni al fosforo bianco proibite dalla Convenzione di Ginevra del 1980; come ha sottolineato il segretario dell’Onu Guterres, le terre palestinesi sono state divorate dagli insediamenti e le case demolite, in un clima di soffocante occupazione per 56 anni; secondo la ricerca di Save the Children “Injustice”, sono state accertate violenza sessuali, ferimenti, ossa rotte e minacce a danno di minori che sono stati anche lasciati senza cibo e assistenza sanitaria, tutto questo in Cisgiordania nel sistema di detenzione militare per minorenni, accusati solo di lanciare pietre, pena che comporta oltre 20 anni di carcere.

Di conseguenza, al giorno d’oggi, forse dobbiamo iniziare a riscontrare, sia da un punto di vista mediatico che di analisi, delle accezioni più morbide o più dure a seconda di alcune caratteristiche e specificità democratiche, quelle pacifiche da una parte, e quelle sanguinarie o estremiste dall’altra. C’è un termine però che negli ultimi anni ha preso piede e può risultare calzante in questo caso, quello di “democratura”, che la Treccani descrive così: “Regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale”. Del resto bisogna ricordare che nel 2018 la Knesset ha approvato la legge su Israele come Stato-Nazione degli ebrei, bollata dalla minoranza musulmana (che insieme ai cristiani costituiscono il 20% della popolazione) come legge coloniale, in cui si fa riferimento anche ad “incoraggiare l’insediamento degli ebrei”, e che declassa a status speciale la lingua araba quando per decenni era stata considerata lingua ufficiale, cancellando de facto l’uguaglianza democratica.

Sul secondo aspetto, partendo sotto la lente delle relazioni diplomatiche, non possiamo non ricordare come l’Italia abbia avuto rapporti con la Libia di Gheddafi, dittatore sanguinario per 41 anni, o le amicizie con Putin dei vari leader italiani, o i buoni rapporti commerciali con la Cina e il mondo arabo. Di conseguenza, da un punto di vista tecnico-istituzionale, anche se Israele fosse uno stato riconosciuto come autoritario, l’Italia o altri paesi europei potrebbero tranquillamente tessere degli ottimi rapporti di partnership economico-diplomatica; lo status democratico e il rispetto di alcuni diritti sono sempre stati considerati ipocritamente secondari di fronte a relazioni bilaterali di interessi reciproci.

Infine, a proposito di democrazie occidentali, non si può non parlare della democrazia statunitense, finora l’unica nella storia ad usare la bomba atomica, e che tra guerre e presunte esportazioni di democrazia, ha prodotto distruzione e migliaia di morti negli ultimi decenni, dal Vietnam fino al Medio Oriente, abbattendo il tabù che anche le democrazie possono fare le guerre. Fondamentale ricordare, difatti, come le democrazie siano imperfette, talmente imperfette che persino Adolf Hitler fu votato dal popolo prima dell’approvazione dei decreti che sancirono la fine delle elezioni democratiche in Germania, dato che, come accadde per il Partito nazista, ci fu un percorso democratico, cominciato nel 1928 quando raggiunse il 2,6% dei voti ottenendo solo 12 seggi, fino ad arrivare alla conquista del potere 5 anni dopo.

Bisogna iniziare a guardare in faccia a cosa è sempre stata la democrazia, in passato come ora, avendo il coraggio di attuare distinzioni non più procrastinabili tra chi usa la forza e chi no, tra chi fonda la propria essenza su principi democratici e valori riconosciuti a livello internazionale e chi no, usando terminologie adeguate ai tempi che corrono. Principi e valori di una democrazia non sono un optional, come del resto non lo sono lo Stato di diritto e l’eguaglianza tra i popoli, specialmente tra quelli che vivono all’interno dello stesso territorio.

*dottore in Giurisprudenza